Non abbiamo che un piatto di minestra, dicevano un tempo quanti accoglievano un ospite offrendogli quel poco che avevano. Ma dentro c’erano, e ci sono ancora, tutti i sapori delle verdure di tempi lontani arricchiti soltanto successivamente da quelli arrivati grazie alle scoperte di Cristoforo Colombo, i pomodori, i fagioli (anche se nel nostro sud esistevano già quelli “dell’occhio”), le patate, i peperoni, le zucche, il mais…Le zuppe prima, dunque, e le minestre poi magari con qualche boccone di carne, c’erano in tutte le mense dei contadini, dei padroni e in quelle dei monasteri dove utilizzavano sapientemente quello che c’era nei campi e nei boschi attorno. Le zuppe, antiche quasi come l’uomo, con una storia di fami ataviche, di utilizzo di quanto lasciavano le misere agricolture, le prepotenze padronali, gli eserciti saccheggiatori. Per i più poveri qualche fetta di pane raffermo immersa nel brodo vegetale (se non è zuppa è pan bagnato…) piatto unico per chi non poteva godere di qualcosa d’altro. Almeno nei secoli passati. Poi diventato quasi raffinato, certamente ricercato, perfino raro. Hanno avuto sempre migliore attrazione le ricette delle cucine nelle zone rivierasche per la maggiore facilità, praticamente tutto l’anno, di disporre di pesci, molluschi e crostacei che rendeva meno problematico inventarsi un pasto. Per tornare ai giorni nostri, con le ovvie differenze tra mare, pianure e montagne, le gastronomie locali possono vantare ricette a non finire. Nel Veneto: zuppa ai porcini, di patate, di piccioni, di piselli secchi e verdure, con il radicchio rosso di Treviso, di verze, di trippe e la celebre “sopacoada”… Nelle minestre, dicono “invenzione” dei liguri, l’elenco è ancora più lungo: minestre d’orzo, con funghi e fiori di zucca, riso e fegatini, risi e bisi (piselli), zucca e riso, pasta e fagioli, riso e patate, riso e porri… (la pasta secca è arrivata più tardi). In Friuli-Venezia Giulia, tanto per ricordarne qualcuna, tra le minestre la brovada (rape macerate) con musetto, gli “sclopit” (silene) e patate, di ortiche, di piselli e lattuga, di riso e bietole, la jota (triestina). Tra le zuppe, di cipolle, di vongole e asparagi verdi, al profumo di basilico, con gli steccherini (funghi) dorati, i porcini con patate, gli asparagi e lumache. In Trentino Alto Adige, un’altra regione che ha mantenuto una robusta cucina di primi che rispecchia le tradizioni montanare. Zuppe e minestre, i notissimi canederli, con il semolino, con le lumache, con l’orzo, con i crauti, ai formaggi, con il profumo dei funghi spontanei, con la trippa o lo speck…Questi e molti altri piatti, finalmente entrati in tutti i ricettari, sono diventati adesso patrimonio delle gastronomie tipiche di tutta Italia e si trovano in mille variazioni con il pollo, i legumi, le erbe spontanee, i funghi, il pesce, nelle proposte estive e invernali. Con molti ricorsi alle memorie di famiglia, alle ricette tramandate, alle tradizioni più radicate. Da non dimenticare.