L’impanatura degli alimenti, a quanto sembra, è una pratica consolidata nei secoli: viene spesso fatta risalire alla corte di Federico II di Svevia (1194 – 1250), che necessitava di un modo per meglio conservare e trasportare gli arancini di riso in viaggi e battute di caccia. La frittura rappresenta poi l’obbligatoria fase successiva. Anche quella della cotoletta alla Milanese è storia consolidata: “secondo alcuni storici, la prima indicazione della cotoletta nella cucina Milanese risale al piatto di “lombolos cum panitio” contenuto nell’elenco delle portate del pranzo dei canonici di Sant’Ambrogio durante le festività solenni nel secolo duodecimo”. Oggi, nell’era dei cibi pronti a cuocere (surgelati di 3° gamma o prodotti refrigerati di 4° gamma in atmosfera protettiva) non mancano le proposte dalle forme più varie (bastoncini, medaglioni, cotolette, soff… o crocc…) di preparazioni di carni, pesci, verdure, semplicemente tagliate, composte o ricomposte, generalmente con l’esterno croccante ed il cuore tenero. Il successo, soprattutto tra i bambini, porta facilmente ad eccessi ed estremismi che inducono ovviamente la Sanità Pubblica a consigliare un consumo limitato di tali preparazioni. Una volta ancora, a causa, spesso e volentieri, di improvvisazione, imprecisione, imperizia, incompetenza, pigrizia (e/o mancanza di tempo) si corre il rischio di buttare anche il buono e di penalizzare preparazioni della nostra tradizione gastronomica. Si consiglia di riportare nel proprio piano aziendale di autocontrollo HACCP, quali GMP – Norme di corretta produzione le “Raccomandazioni per l’uso degli oli per frittura” indicate dall’ISS (Istituto Superiore Sanità):

• Utilizzare per la frittura solo gli oli o i grassi alimentari idonei a tale trattamento in quanto più resistenti al calore.

• Curare un’adeguata preparazione degli alimenti da friggere evitando per quanto possibile la presenza di acqua e l’aggiunta di sale e spezie che accelerano l’alterazione degli oli e dei grassi.

• Evitare tassativamente che la temperatura dell’olio superi i 180°C. Temperature superiori accelerano infatti l’alterazione degli oli e dei grassi.

• Dopo la frittura è bene agevolare, mediante scolatura, l’eliminazione dell’eccesso di olio assorbito dall’alimento.

• Provvedere ad una frequente sostituzione degli oli e dei grassi.

• Vigilare sulla qualità dell’olio durante la frittura, tenendo presente che un olio molto usato si può già riconoscere dall’imbrunimento, dalla viscosità e dalla tendenza a produrre fumo durante la frittura.

• Filtrare l’olio usato – se ancora atto alla frittura – su idonei sistemi e/o sostanze inerti; pulire a fondo il filtro e la vasca dell’olio. Le croste carbonizzate, i residui oleosi viscosi o i resti di un olio vecchio accelerano l’alterazione dell’olio. Si consiglia, in ogni caso, di gettare l’olio residuo [e di smaltirlo correttamente come olio esausto].

• Evitare tassativamente la pratica della “ricolmatura” (aggiunta di olio fresco a quello usato). L’olio fresco si altera molto più rapidamente a contatto con l’olio usato.

• Proteggere oli e grassi dalla luce.

Alcune riflessioni:

• Possono sembrare raccomandazioni banali, ma lo sono soltanto per operatori qualificati.

• Serve necessariamente una friggitrice da 14/24l? Non potrebbe bastare una friggitrice da banco da 3/6l? Ciò consente di utilizzare meno olio e di sostituirlo più spesso.

• Non esistono filtri miracolosi che consentano di utilizzare l’olio all’infinito: ogni ulteriore ciclo di frittura, anche se l’olio è limpido, vede la qualità comunque compromessa. Ad ogni riscaldamento successivo si abbassa il punto di fumo ed aumenta la concentrazione di sostanze di degradazione.

• Qualcuno utilizza ancora l’olio di palma?

• Una sfida tecnologica oggi è quella della “frittura” in forno. Magari non tutti sono d’accordo…