Un buon prosciutto stagionato deve essere carnoso e circondato, sotto la cotenna, da uno strato di grasso non eccessivamente spesso. Il disciplinare di questo prodotto è dettato da un comportamento che prevede: a partire dalla genetica, un’alimentazione sana e una crescita che ci consenta di raggiungere il peso del prosciutto di circa 10-14 Kg allo stato fresco con un’ottima ritenuta idrica; un abbattimento in un impianto idoneo (per lo stordimento, dissanguamento, ecc..); un impianto di stagionatura di primo ordine con relative salature zangolatura, ripetute più volte a temperatura costante; lavatura e stuccatura per proteggere le parti non coperte dalla cotenna; infine un’adeguata stagionatura di 12-14 mesi. I prosciutti pesanti e tagliati a coscia di pollo sono molto spesso prosciutti di un marchio consortile e possono, nella lavorazione, aver mantenuto il gambetto, il piede e, a volte, anche una forma leggermente schiacciata. Il prosciutto stagionato italiano – di Parma, di San Daniele e di Sauris – è considerato il migliore del mondo, è un vanto della nostra cultura gastronomica e si merita, durante le fasi della commercializzazione, nobiltà di comportamenti degli addetti alla vendita. Il prosciutto stagionato va disossato, ripulito dalla stuccatura e da quelle parti che eventualmente fossero ingiallite, va parzialmente scotennato e poi legato bene perché ciò consente poi di tagliare il prosciutto con l’affettatrice in maniera lineare, con spessore regolare e in maniera completa. La tradizione vorrebbe che fosse tagliato con il coltello, a mano e parallelamente all’osso del femore. Ma questo, a mio parere, è un grave errore. Intanto non è facile che le fette vengano tagliate con uno spessore regolare, ma il guaio più grosso è che in questo modo si taglierà in maniera orizzontale il tessuto cellulare della carne con il risultato che avrà fibre muscolari lunghe quanto è lunga la fettina. Noi professionisti evitiamo questo comportamento sbagliato tagliando, con l’affettatrice, in maniera verticale all’orditura questo nobilissimo prodotto che è pur sempre una fetta di carne e, per questo, deve essere tagliata di spessore regolare e non deve mai avere le fibre muscolari lunghe quanto tutta la fettina perché risulterebbe tigliosa e stopposa. Del profumo del prosciutto non ne parliamo perché ci vorrebbe un trattato. Il colore del prosciutto stagionato deve risultare rosso bruno, la fascia di grasso deve essere bianchissima e non eccessiva. I cristalli di Tirosina Non è infrequente riscontrare, tra le fibre muscolari del prosciutto crudo, piccole formazioni (2 mm circa) dure, biancastre, di forma irregolare, cristalline. Esaminate chimicamente dall’Università di Milano, viene evidenziata la tirosina, uno degli amminoacidi della carne. Molti analisti hanno cercato di stabilire la causa di tale deposito, ma non è ancora chiaro se ad operare la sintesi siano gli enzimi del muscolo o lieviti sopravvissuti alla stagionatura. Tenuto conto che vengono colpiti i prosciutti a più lunga stagionatura e che la sostanza non è estranea alla carne, ma ne è parte integrante, questo particolare aspetto potrebbe essere considerato un segno di qualità in quanto sta ad attestare due singolari prerogative del prodotto quali la lunga conservazione e il basso livello di salagione.

Bruno Mambelli