Attraverso reperti paleontologici si è potuto stabilire che il pero in Italia era conosciuto fin dai tempi più antichi. Già 4000 anni fa l’uomo si cibava di questi frutti. Anche il poeta Omero ricorda la pera quando descrive le piantagioni di Alcinoo e Laerte. Le notizie sulla sua coltivazione sono invece più recenti, sappiamo che oltre 350 anni prima di Cristo la coltivazione della pera era abbastanza estesa nella Magna Grecia perché Teofrasto menziona sia le varietà domestiche che quelle coltivate nelle sue opere. In epoca romana Catone e Plinio danno indicazioni precise sulla diffusione del pero e sulle coltivazioni, a testimonianza della grande considerazione in cui era tenuto questo frutto. Ai tempi di Catone le specie conosciute erano appena 6, ma già due secoli più tardi Plinio ne menziona circa 40. In seguito l’assortimento cresce enormemente fino a raggiungere le 5000 varietà e oltre conosciute oggi. Dall’epoca romana in poi la coltura del pero si espande con uno sviluppo ragguardevole in tutta Europa in particolare in Belgio e in Francia. Nell’Alto medioevo l’arboricoltura non appare, almeno nell’Italia del nord, molto praticata. La coltivazione degli alberi da frutto sembra intensificarsi verso la fine del 400, quando gli agronomi cominciano a dedicare seria attenzione a questo settore produttivo. E’ curioso vedere che nei secoli precedenti i trattati medici sconsigliavano il consumo di frutta perché era considerata un cibo sostanzialmente superfluo, accessorio, di lusso. Nel XVI secolo gli alberi da frutto vengono coltivati nei giardini, ed è per questo che “le dimore nelle campagne non devono essere separate dal giardino da pomi”. Anche nel rinascimento comunque la frutticoltura non serve per sfamare ma è un lusso da signori. Con “Il giardino d’Agricoltura”del ravennate Marco Bussato da Massa Lombarda per la prima volta,intorno al ‘500, un autore italiano tratta sistematicamente di frutticoltura e di innesti. Seguono altri autori quali il frate bolognese Leandro Alberti con “Descrittione di tutta Italia”, una sorta di guida turistica del ‘500 oppure Tommaso Grazoni da Bagnacavallo che nel Volume “Piazza”, parla delle professioni agricole e dei commerci riferibili all’agricoltura. Nel ‘600 viene pubblicato “L’economia del cittadino in Villa” del bolognese Vincenzo Tanara.