La passione per la cucina l’ha scoperta fin da giovane, quando in campeggio cucinava per gli amici. Bruno Cazzin, 65 anni, di Vigonza (Padova) è oggi affermato e ricercato chef del ristorante “Ai Leoni” di Yeravan, capitale dell’Armenia, dopo una lunga “gavetta” nel mondo della ristorazione, iniziata all’età di 18 anni alla trattoria “Ai Siegoi” di Vigonza. Dopo il servizio militare in Marina, Bruno Cazzin si è imbarcato sulle navi mercantili. Un’esperienza che gli ha consentito di visitare 27 Paesi ma, soprattutto, di venire a contatto con le cucine dei diversi popoli. Dopo aver smesso di navigare, eccolo, come cuoco, alla Casa Veneta ristorante storico di Padova e poi negli hotel di Jesolo durante la stagione estiva. Ma per Bruno Cazzin i viaggi all’estero sono nel suo DNA, per cui ha colto al volo l’occasione di cimentarsi in Cina, al Mandarin Cai Hotel di Nanchino.

“È stata un’avventura – ricorda – entusiasmante e positiva che mi ha permesso di scoprire definitivamente la mia vera passione per la cucina e di fare così conoscere all’estero i prodotti italiani”. Quando, una decina di anni fa, è arrivata la proposta di essere lo chef del ristorante “Ai Leoni” di Yeravan non ci ha pensato due volte. Situato nel cuore della capitale della Repubblica di Armenia, il ristorante, arredato in stile italiano, è un locale lussuoso, con due ampie sale e un terrazzo estivo e un menu all’italiana con 50 piatti, tra antipasti, primi e secondi, e 15 dessert. “Ho puntato tutto – spiega lo chef – sulla qualità. I prodotti arrivano freschi dall’Italia: dal prosciutto di Parma al Parmigiano, dalla pasta De Cecco all’olio extravergine d’oliva. Il pane, in particolare i grissini li facciamo noi usando farine italiane. Fra i piatti più richiesti la pasta e fagioli, le tagliatelle con il ragù fatte in casa, i ravioli ripieni di gamberoni, i formaggi pecorini, i salumi toscani. Abbiamo una carta dei vini di quasi 200 etichette, tra cui spiccano gli Amaroni, il Brunello, il Prosecco, il Barbera, oltre a quelli Cileni, Francesi e Argentini”.

Donato Sinigaglia