Un cibo da gustare passeggiando

Nessun popolo potrà dire che è prerogativa propria quella del cibo per strada o da strada. Ma bisogna pensare che è attraverso il cibo di strada che possiamo dare valore ad un nuovo modo di consumare i pasti. Il fatto che si mangi all’aperto deve essere un “must” per degustare mille leccornie in luoghi belli e caratteristici e vedere tanti monumenti che ci circondano. Mangiare cibo di strada ci fa capire come la cucina è semplice, di conseguenza piacevole e comprensibile. Possiamo capire che mangiando cibo di strada si respira aria di cultura, profumo di tradizione, si imparano a conoscere alimenti e prodotti “a km zero o km giusto”. Il cibo di strada ci fa riscoprire la necessità di coinvolgere i cinque sensi: l’odorato per le aromatizzazioni che si sprigionano nell’aria; la vista per le mille fogge e colori di ogni singola preparazione; il gusto per la pienezza che ci darà ogni semplice boccone; l’udito sollecitato dalle diverse croccantezze dell’alimento che possediamo tra le mani o che mastichiamo; così come anche il tatto ci rivela sensazioni vecchie e nuove, senza la mediazione delle posate. Inoltre, il cibo di strada ci permette di degustare ed assaporare leccornie più o meno caloriche, ma siccome siamo in movimento, per quanto poco, qualche caloria la bruceremo sicuramente in più che se rimanessimo seduti in tavola per ore. Odori e profumi di cibo che inondano vicoli, calli e piazze ci danno piacere. Osserviamo con cura persone che mentre cucinano in strada, o nel vicolo, o in bottega, raccontano una storia, barzellette o aneddoti, oppure cantano. Si vedono botteghe e chioschi storici in anfratti di città che vendono “street-food” per l’intero anno usando prodotti per tutte e quattro le stagioni. Si scorgono persone con caratteristici carretti dove si frigge al momento, oppure caravan motorizzati per uno street-food che mescola il vecchio e il nuovo, ancora vetrinette che conservano cicchetti per bocche piccole e grandi. Insomma, in tutti i territori italiani, ma credo nel mondo, la cucina street-food è presente con le personali caratterizzazioni adatte a qualsivoglia palato. Sempre più spesso si vedono comitive di persone o coppie di giovani, o semplici studenti che camminano per le città con street-food tra le mani, prodotti fritti o sfornati al momento e mangiano camminando. Ad un certo momento, nello stesso tempo, questo meraviglioso cibo di strada diventa occasione di inquinamento e sudiciume delle strade famose, immondizia nei vicoletti tipici, pattume nelle piazze romantiche, sia di centri storici più esclusivi, sia delle periferie meno note. Non bastava per gli street-food il tovagliolo di carta paglia piegato a diventare rifiuto, ma ora c’è da aggiungere il packaging di plastica griffato, oppure il piatto vassoio cartone cerato, la solita lattina di alluminio presa a calci, la bottiglina di pet da un lato del marciapiede e il suo tappo che ruzzola libero lungo tutta la strada; ed a questi esempi di monnezza si aggiunge il mozzicone di sigaretta che non manca mai. Insomma, il meraviglioso sapiente, dotto e colto “cibo di strada” è diventato termometro di una generazione di persone poco propense al senso civico e ambientale. Speriamo che, quando noi consumatori di street-food ci fermeremo a consumare un cibo in strada, mentre ammiriamo le bellezze che ci circondano, riusciremo anche a capire che il nostro contributo sarà semplicemente: “quello di fare una corretta raccolta differenziata”.