Un Cuoco racconta il “gusto” unico delle Olimpiadi 2016

Ogni atleta sogna un giorno di partecipare alle Olimpiadi, come ogni Chef, con un po’ di passione, sogna un giorno di partecipare alle selezioni del Bocuse d’Or, ma mai avrei pensato che un giorno sarei stato catapultato nella cucina di Casa Italia alle Olimpiadi! Ebbene sì, ho fatto anche io le Olimpiadi, ma non in pista, non in campo, non in acqua, bensì in cucina! Non per questo mi sento ora un “cuoco” arrivato. Perché “cuoco” e non “chef”? Come dice un mio grande amico, Stella Michelin, già allievo del grande Alain Ducasse, uno chef è colui che comanda, colui che lavora è un cuoco, e tu devi sempre essere onorato di essere chiamato cuoco, perché vuol dire che sei ancora parte “attiva” di una cucina. Dicevo prima che non perché uno partecipa alle Olimpiadi può pensare di essere “arrivato”, questo nostro lavoro, come quello del medico, è sempre in continuo cambiamento, in miglioramento e in “scoperta”. E’ uno studio continuo: studio di nuovi piatti, studio della materia prima, di nuovi prodotti,  nuove tecniche di cottura e di conservazione. La mia partecipazione a Rio de Janeiro in Casa Italia per le Olimpiadi 2016 è stata un’esperienza umana e lavorativa senza eguali, a partire dall’opportunità di poter lavorare al fianco di uno dei più grandi personaggi a livello umano: il ragazzo delle favelas! Lavorare al fianco di ragazzi brasiliani che arrivano da posti “dimenticati dal Signore” e che fanno ore di viaggio solo per poter lavorare al tuo fianco e per poter fare una foto con te, sentirsi parte integrante di una vera cucina, è stata una esperienza umana indimenticabile. Come, d’altronde, indimenticabile è stata l’esperienza di poter lavorare con i ragazzi di “eccellenze campane”, ragazzi che hanno lavorato per 16 – 17 ore al giorno e dalle cui bocche non è mai uscito un minimo lamento o una minima imprecazione; ma, anzi, al contrario, ligi alle regole partenopee, ogni occasione era buona per intonare tutti insieme i classici della musica napoletana, da Nino d’Angelo a Carosone ed altri. Che dire poi degli atleti, dei dirigenti, dei personaggi e dei giornalisti che popolavano giornalmente Casa Italia? All’estero l’italiano si trasforma, diventa, come per magia, il più grande nazionalista esistente sulla terra. Al di fuori dei confini nazionali noi italiani ci uniamo, ci sentiamo tutti fratelli e difficilmente non sfoggiamo il sorriso a 32 denti quando troviamo un altro italiano, e così è stato anche a Casa Italia. Anche gli atleti delusi dalla prestazione o magari delusi dal fatto di essere arrivati secondi ed aver comunque conquistato un fantastico Argento, appena trovavano gli “spaghi” al pomodoro sul banco del buffet, si illuminavano nel volto: ahhh la Cucina Italiana, quale grande soddisfazione per noi CUOCHI!