Il parroco del piccolo paese sperduto nella campagna senza fine del Polesine non sapeva più a che santo votarsi. Le aveva pensate tutte: gare di briscola, tornei di calcio balilla, sfide a scacchi, tornei di freccette. Niente di niente; i giovanotti della sua parrocchia avevano disertato completamente le sue adunanze di Azione Cattolica. Aveva anche spostato l’ora dell’inizio, portandola al dopo cena: peggio che andare di notte. E, quando il vescovo gli domandava perché non vedeva nessuno dei suoi fedeli partecipare alle riunioni provinciali dell’associazione, il prete doveva ammettere, mortificato, che la gioventù gli era scappata di mano e non era più riuscito a recuperarla.
– Tutto a causa di quel nuovo bar che hanno aperto a pochi passi dalla canonica – si lamentava con se stesso – e di quel furbacchione del barista venuto dalla città, che ha portato la novità di offrire da bere gratis per un’ora ogni pomeriggio, proprio in coincidenza con l’inizio dei nostri incontri.
Aveva sentito dire che si chiamava Happy Hour, ora felice.
– Quale ora? Vanno avanti per due, tre ore e tornano a casa ubriachi. E spendono un sacco di soldi perché quel mariuolo di barista gli dà gratis il primo bicchiere ma gli altri, e sono tanti, se li devono pagare.
Aveva avvicinato qualcuno di quelli che si erano messi a frequentare il bar demoniaco, informandolo che, andando avanti così si sarebbe rovinato la salute. Parole al vento.
Un po’ alla volta anche il parroco si era demotivato a vedere le sue riunioni con tre o quattro persone che stavano lì solo per rispetto a lui ma che, se avessero potuto, sarebbero andati anche loro a fare festa con gli altri. Alla fine, lasciò liberi anche gli ultimi dei Mohicani e sospese le adunanze.
Doveva trovare una soluzione.
Pensò e ripensò, ma non si accese nessuna lampadina.
Una notte, nel mezzo del sonno, sentì il bisogno di alzarsi e di fare quattro passi per il suo paese. Si vestì cercando di non svegliare la perpetua che dormiva con un occhio solo, e uscì. Camminò per un paio di ore e si rese conto che non conosceva quelle case. La sua vita era chiesa, parrocchia, vescovado. Quando rientrò per rimettersi a letto, fece una considerazione:
– I tempi sono cambiati: non hanno più paura di andare all’inferno. E allora devo cambiare anch’io e uscire da questa canonica.
Il pomeriggio di quel giorno, alle cinque in punto, era seduto a un tavolo del bar del corruttore della gioventù. Questo non lo riconobbe perché non frequentava i sacramenti e perché il sacerdote indossava tuta ginnica e scarpe da ginnastica. Ordinò un analcolico e chiese al barista, quando venne a servirlo:
– È gratis, vero?
– Il primo sì.
E attese. Arrivarono i disertori delle adunanze dell’Azione Cattolica, alla spicciolata. Lo riconobbero e si meravigliarono della sua presenza.
– Don, ma che si fa lei qua?
– Sono venuto a fare quattro chiacchiere con voi, se volete.
Il parroco continua a frequentare quel bar; è diventato un cliente abituale e discorre con i suoi giovani. Adesso li conosce meglio e non gli serve più fare la predica.
E non spende niente.
Dello stesso autore i romanzi:
“Le tue valigie sono dalla vicina”
e “Non più tardi delle sei”.
Robin Edizioni
Un analcolico
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