Quando piove gli gnomi si riparano sotto i funghi, dove si ritrovano con grilli, cavallette, coccinelle, maggiolini, qualche farfalla: proprio una bella compagnia sotto quei provvidenziali ombrelli. Anche la “manna”, quella che ha sfamato il Popolo di Israele in fuga dall’Egitto, pare fosse un fungo, piccolissimo, che cresceva ogni notte proprio nei luoghi dove gli ebrei si fermavano. Secondo una leggenda dell’antica Grecia, l’eroe Perseo stanco ed assetato dopo un lungo viaggio, si rifocillò con l’acqua raccolta dentro il cappello di un fungo. Decise così di fondare in quel luogo una città, che chiamò Micene (greco: mykés = fungo) e divenne la culla della civiltà micenea. I funghi sono tutti buoni dunque? Non è proprio così, ci sono anche quelli cattivi, velenosi, che hanno fatto nascere, fin da tempi remoti, credenze popolari sul come accertarne la commestibilità. Così basterebbe mettere nella pentola, assieme ai funghi, una moneta d’argento, uno spicchio d’aglio o una mollica di pane: se diventano neri, buttare via tutto. Altri dicono di farli assaggiare al gatto, se questo muore…A parte il fatto che la scienza ha dimostrato che dicerie sono e tali rimangono, rabbrividisco al pensiero che il mio amato Nelson, persiano di oltre 7 chili, possa divenire cavia a fini culinari. Ero un bambino quando un fungo assurse agli onori della cronaca per le sue presunte virtù terapeutiche: il “fungo cinese”, che fu poi accertato non essere né un fungo né cinese. All’aspetto si presentava come una patata, da tenere immersa nel tè zuccherato. Rilasciava un po’ alla volta le sue proprietà miracolistiche; se ne beveva un bicchiere ed ogni malanno, dal mal di testa a cose ben più serie, spariva. Altri tempi, l’informazione era quel che era, comunque la diffusissima “Domenica del Corriere” gli dedicò addirittura una copertina. Io, non c’è dubbio, parteggio per i funghi buoni, anzi buonissimi: in insalata, alla griglia, col risotto, come contorno, con il formaggio, la zuppa, lo speck, la soppressa, sott’olio e, neanche a dirlo, con la polenta.

Paolo Rossetti