Parlando di questo prezioso “prodotto della terra” si cita doverosamente: Alba, Norcia o Acqualagna, con il loro tartufo bianco e nero. In realtà questo tubero è fortemente presente anche nel Veneto e nel Delta del Po. Il comune di Papozze, in provincia di Rovigo, per molti versi ha contribuito a far conoscere questa sua eccellenza anche fuori dai confini della provincia. Tutta l’area golenale e soprattutto l’isola del Mezzano, famosa per la sua villa settecentesca e per la cappella dedicata a San Carlo Borromeo, innalzata a perenne ricordo della sosta a Papozze del grande vescovo nella notte tra il 7 e l’8 febbraio 1508, era una vera e propria miniera con splendidi tartufi di tutte le dimensioni. Perché proprio le golene? La risposta ci viene da Vittoria Barbieri, che dopo la scomparsa di Fortunata Soldati, l’ultima  “Tona”, è rimasta la memoria storica dell’antico locale, dove da sempre il tartufo è protagonista in tavola. Lei non ha dubbi, la zona era così ricca del prezioso fungo perché le spore vengono trasportate dal fiume Po, durante il suo viaggio dal Monviso al mare. Quando il centro abitato “Piazza Cantone” sorgeva tutto in golena, in un singolare abbraccio con il grande fiume, l’arte del “tartufino” o del “trifolaro”(cercatore di tartufi) era molto diffusa. Il “tartufino”, ancora oggi, non agisce da solo ma insieme al suo cane perfettamente addestrato, non necessariamente di razza. Anzi i così detti “cani da pagliaio”, dalle genealogie incerte e confuse, sono i più bravi, hanno infatti nel naso l’abitudine di cercare quel po’ di cibo che serve a sopravvivere. Il cane scorrazza ed annusa e all’improvviso inizia a raspare e a guaire, arriva allora il padrone che con una zappetta di ferro e con grande attenzione allarga la piccola buca e con le mani estrae il tartufo e lo porta al naso per fiutare l’intenso e persistente profumo, e al fedele compagno elargisce subito un pezzo di pane. Ma negli anni sessanta il centro abitato di Papozze venne interamente trasferito nella zona attuale, a cura e spese dello Stato, e le arginature, sino a tutti gli anni settanta, furono interessate da imponenti lavori di rinforzo e rialzo con conseguente pesante trasformazione dell’habitat golenale ed anche  la proliferazione del tartufo diminuì. Da anni ormai le aree golenali e quelle a piano campagna, prossime alle arginature, godono di una certa tranquillità, e pertanto si è ricreato l’habitat ideale per la vita del tartufo. C’è qualche abitante molto intraprendente che ha anche fatto di più perché da anni ha impiantato una tartufaia con querce micorizzate. Il risultato è sorprendente, raccoglie dell’ottimo “scorzone” o tartufo nero estivo (Tuber Aestivum) e del “bianchetto” (Tuber Borchii). Qualche volta in momenti particolari si può trovare del Bianco Tuber Magnatum. Va ovviamente ricordato che anche nelle tartufaie la raccolta avviene, come nelle aree aperte, con cane e zappetta. Dall’ Ottobre 2007 è ufficialmente nata l’Accademia del tartufo del Delta del Po, nell’ufficio Notarile del dottor Livio Penzo di Adria; la sede manco a dire a Papozze – Attualmente Il presidente è il prof Antonio Dimer Manzolli.

Fiori di zucca ripieni di ricotta di pecora e tartufo nero estivo del Delta

Ingredienti per 4 persone:

Per il ripieno: n. 8 fiori di zucca, 250 g di ricotta di pecora, 50 g di parmigiano, 50 g di tartufo nero estivo grattugiato, 1 tuorlo d’uovo, sale e pepe q.b. Per la fonduta: 200 g di Asiago, 200 g di panna, 40 g di tartufo nero grattugiato. Per la pastella: ¼ di litro di birra chiara, farina q.b., sale q.b.

Pulire e lavare i fiori di zucca, preparare il ripieno con la ricotta, il parmigiano, il tuorlo d’uovo, sale, pepe e tartufo grattugiato. Amalgamare bene il tutto. Riempire i fiori di zucca con il ripieno preparato precedentemente ed infine passarli nella pastella e friggere con abbondante olio d’oliva. Preparare la fonduta facendo sciogliere in una casseruola il formaggio tagliato a dadini, la panna, mezzo cucchiaio di farina. Mescolare sempre su fuoco moderato per dar modo al formaggio di sciogliersi, ottenendo così una fonduta. Correggere con sale e pepe. Servire i fiori di zucca su letto di fonduta e ultimare con lamelle di tartufo. Oppure, porre la fonduta sul fondo del piatto, sistemare i fiori di zucca ripieni e aggiungere lamelle di tartufo fresco.

La ricetta è di Costantino Lo Iacono (padre) e Giuseppe (figlio) Chef 

Faraona al tartufo

Era questo uno dei piatti più richiesti nell’antica trattoria “La Tana” di Papozze

Ingredienti: 1 faraona; 2 tartufi; 30 g di burro; ½ bicchiere di marsala; sale e pepe.

Prendete la faraona e privatela del collo e delle zampe, pulite poi i tartufi, sbucciateli leggermente e mettetene qualche fetta nella pancia della faraona e sotto la pelle. Fate quindi rosolare in un tegamino le restanti fettine di tartufo, per un paio di minuti nel burro, con sale e pepe e bagnatele nel marsala. Togliete poi dal fuoco, lasciate raffreddare e farcite con il composto la faraona prima di ricucirla, tanto nella parte inferiore quanto in quella superiore, dov’è stato levato il collo. Avvolgete in una carta metallizzata da cucina unta di burro, con una spolverata di sale, poi trasferitela in una teglia e fatela cuocere in forno a fuoco medio alto. A 2/3 di cottura togliete la faraona dalla carta metallizzata e lasciatela ancora in forno in modo che possa prendere colore. Infine portatela in tavola.