In cucina non mancano sicuramente numerosi barattoli pieni di spezie e erbe aromatiche. Ma oggi, perché si utilizzano? Da una breve ricerca nella lingua per eccellenza della gastronomia classica – il francese – risulta che “les épices servent pour assaisonner un met”, ovvero servono per condire un piatto [secondo la Treccani, rendere più saporito e più sostanzioso un cibo con l’aggiunta di sostanze adatte]. Tale affermazione rispecchia l’odierna realtà. Un’ulteriore conferma ci viene dal tedesco: le spezie si chiamano “Gewürze”. Si pensi alla seguente traduzione: il noto vino Gewürztraminer viene identificato in italiano come Traminer/Termeno aromatico. In sintesi, le spezie, come le erbe aromatiche, vengono oggi utilizzate essenzialmente per aumentare le caratteristiche organolettiche di un piatto, soprattutto a livello di gusto e di olfatto. Viene invece relegato in posizione subalterna lo storico ruolo delle spezie come conservanti, antiossidanti, coloranti naturali… Consideriamo per esempio i chiodi di garofano: questi contengono un olio essenziale (contenente eugenolo, cariofillene, tannini e i flavonoidi quercetina e kaempferolo) con proprietà antibatteriche. La cannella invece contiene terpeni e fenoli, che mostrano proprietà antibatteriche e antifungine. Nella ricerca di strategie utili all’allungamento della shelf life (o “vita di scaffale”) di prodotti di gastronomia, cercando di ridurre od eliminare il contributo degli additivi chimici, tornano senz’altro di attualità le ricette dei nonni (o addirittura quelle ultracentenarie). Tutto bene allora, tutto sicuro? Attenzione però, come al solito, al possibile rovescio della medaglia: se le spezie sono abbastanza secche, queste non offrono ai microrganismi le condizioni ideali di accrescimento. Tuttavia, alcuni batteri (come Bacillus cereus) e la maggior parte delle muffe (per la maggior parte Penicillium e Aspergillus , muffe comuni presenti ovunque nell’ambiente) producono delle spore che riescono a sopravvivere in queste condizioni apparentemente sfavorevoli. Dall’altro lato, quando le spezie si inumidiscono, le spore germinano e si moltiplicano. Considerato che le muffe, contrariamente ai batteri, possono crescere in condizioni di scarsa umidità, sia per le spezie che per le erbe aromatiche essiccate, i rischi provengono soprattutto dalle muffe e non dai batteri. In effetti, nonostante il fatto che la maggior parte di queste muffe sono innocue, esistono tuttavia alcune specie che producono delle (mico)tossine. Ma visto che, normalmente, non si usano spezie ammuffite, non vi sono, in condizioni tradizionali di utilizzo, rischi per la salute provocati dalle muffe. Inoltre, anche se i batteri non sono responsabili del deterioramento delle spezie, vi è il rischio che delle spore batteriche possano germinare in prodotti preparati con queste, diventando un reale fattore di ricontaminazione dei prodotti cotti. La cottura anche se prolungata e ad alte temperature potrebbe non essere risolutiva di fronte a tossine termostabili. Una volta ancora si conferma la necessità di una corretta gestione dell’abbattimento rapido di temperatura ed il successivo stoccaggio a T° di refrigerazione degli alimenti onde ridurre la crescita batterica. Rimangono da gestire i processi di cottura a bassa temperatura, anche in sottovuoto: la prevenzione passa attraverso la scelta fondamentale di spezie di altissima qualità, meglio se certificate o comunque accompagnate da schede tecniche chiare e complete. Attenzione all’origine, non tanto del produttore o raccoglitore vero e proprio quanto dell’importatore nell’Unione Europea o di altri intermediari, perché in alcuni Stati le spezie vengono sottoposte ad irradiazione, sistema sicuramente efficace, ma assolutamente non apprezzato/tollerato dal consumatore italiano.