Elena Cumano per uso sospetto di “Speciarie” accusata di stregoneria

In occasione dei miei studi universitari a Padova 1990/1996, la docente con cui mi laureai, la Prof.ssa Marisa Milani, pubblicò un volume che presentava un racconto legato al tema della stregoneria nella Serenissima del XVI secolo. Il volume corredato da una dettagliata trascrizione degli atti processuali, con aggiunta di note critiche, riguardava Elena Cumano, nobildonna appartenente ad una famiglia feltrina, accusata nel ‘500 di stregoneria nella Venezia dei Dogi. A scatenare tutto ciò furono le accuse di alcuni veneziani che, con messaggi anonimi al Consiglio dei Dieci, l’apostrofarono come una strega. Elena fu denunciata da molte persone perché ritenuta un’abilissima fattucchiera capace di preparare pozioni d’amore, proprio con le spezie. Inoltre fu accusata di essere “..donna dedita alla preparazione di incantesimi per conquistare uomini potenti facendo perdere loro il senno..”. Per far tutto questo si disse che era solita preparare misture, usando speciarie, per condizionare i malcapitati uomini o amanti. Le attribuirono anche la pratica, molto in voga all’epoca, di predire il futuro, “.. con l’usanza delle streghe… quella di buttar fave”. In effetti le note che emergono nel processo in questione indicano diverse misture a base di speciarie, preparazioni eseguite da Elena con più spezie mescolate insieme. Magari un vin brûlé? Oppure tisane concie con segrete miscele aromatiche dalle intriganti profumazioni. Sappiamo che molte spezie erano in voga in terra veneziana già dai tempi di Marco Polo, forse desuete e sconosciute ai tanti e per questo motivo i più analfabeti immaginavano che le misture di Elena fossero sacrileghe. Si parla di intrugli incriminati di cannella, pinoli e uvetta; oppure infuso di chiodi di garofano; o amalgami di galanga e cardamomo; o pesto di pepe, zafferano e mandorle. Si raccontava che il tutto fosse distribuito e dispensato da Elena con sospetta facilità alle sue vittime. Ma ancor più preoccupante deve essere stato l’uso del macis (altro non é che la pellicola lamellare che avvolge il nocciolo della noce moscata), lo scarto della spezia più preziosa. Ma a pensarci bene, sarà stata proprio la noce moscata la causa della condanna per Elena? Lei era ignara o no che se avesse abusato di noce moscata avrebbe creato convulsioni e allucinazioni a chiunque ne avesse ingerito più di qualche grammo? Insomma spezie e streghe, spezie e pozioni, erano binomi pericolosi ma molto diffusi. Probabilmente il loro impiego nelle cucine delle calli veneziane, durante le soffocanti giornate di umidità in laguna, potevano con il loro aroma essere in grado da far perdere la testa a chiunque ne inalasse un po’. Come si sa, le spezie sono state importanti per definire la ricchezza di regni, al pari di stoffe e di gioielli; sono state cause di battaglie e guerre per ampliare possedimenti; nel mio racconto la superstizione e l’ignoranza hanno reso le spezie prova inconfutabile di condanna. Ma oggi facciamo in modo di non attribuire a tutti i costi alle spezie poteri esoterici, rimedi medicinali straordinari, alimenti indispensabili per la longevità, puro benessere e sollievo nella somministrazione quotidiana. Suggerisco di impiegare le spezie con “scienza” e “parsimonia”, imparare ad “elargirle con saggezza”.