L’argomento del “sottovuoto” con la celiachia sembrerebbe avere poca attinenza, ma in realtà ci dà l’occasione per ricordare alcuni concetti. Un prodotto del libero commercio o specificamente formulato per celiaci, per riportare la dicitura “senza glutine”, per legge, deve garantire un contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm (20 mg/ kg). Pur partendo da un alimento che naturalmente non contiene glutine (es. frutta), durante il processo produttivo, prima di arrivare al prodotto finito (es. marmellata), si possono verificare contaminazioni crociate del prodotto senza glutine con quello con glutine, oppure contaminazioni ambientali, dovute a non corretti comportamenti da parte delle persone in fatto di igiene e/o alle condizioni ambientali non perfettamente sotto controllo. Tutto il processo aziendale, infatti, a partire dalle materie prime fino alla consegna al consumatore finale deve essere valutato da un eventuale rischio di contaminazione da glutine. Anche la procedura del sottovuoto, appartenendo alla fase di confezionamento, dunque, deve garantire specifici requisiti e rispettare il piano di HACCP, ovvero il piano che raccoglie la valutazione del rischio, le procedure e le tipologie di controllo che un’azienda esegue relativamente ai propri processi produttivi. Nel caso di alimenti idonei tal quali (es. ortaggi, pezzi di formaggio, pesce, carne), messi sottovuoto, tale metodo di conservazione, non compromette l’idoneità del prodotto. Cogliamo l’occasione per ricordare anche che i materiali attualmente in commercio destinati al contatto con gli alimenti non contengono glutine. Per fare alcuni esempi, contenitori per alimenti, piatti di plastica, carta, contenitori in plastica, pellicola trasparente, vaschette e rotoli in alluminio, sacchetti per surgelati, carta forno e carta fritti, possono quindi essere usati senza problemi anche da soggetti celiaci.

di Miriam Cornicelli