Stefano Antonucci inizia la sua attività lavorativa in un grigio ufficio bancario di alcuni metri quadrati, troppo pochi per un carattere esuberante come il suo. A metà degli anni Ottanta decide quindi di inventarsi un lavoro che gli consenta di vivere all’aperto, di muoversi, di viaggiare, e fonda un’azienda vitivinicola nel centro storico della sua Barbara, splendido paesino immerso nelle colline marchigiane. Vuole realizzare il suo sogno: valorizzare al massimo grado tutto ciò che un territorio può offrire a livello enologico. E il sogno si è realizzato. Com’è riuscito un ragioniere digiuno di enologia a creare un’azienda che oggi è un punto di riferimento in tutto il mondo per la produzione di Verdicchio (e non solo)? Stefano ha indubbiamente personalità, passione, spirito imprenditoriale, capacità organizzative e carisma, ma ha una dote fondamentale: la consapevolezza dei propri limiti, dote rara in tempi in cui troppi si sentono in grado di fare tutto. Individua quindi le persone competenti che possano accompagnarlo nella meravigliosa avventura dell’ azienda vinicola “Santa Barbara”. È indubitabile che Stefano Antonucci abbia esaltato al meglio le caratteristiche del Verdicchio e del Montepulciano. A rappresentare il Verdicchio “Santa Barbara” da sempre sono stati il Pignocco e le Vaglie, vino che, a detta di Stefano, con un gioco di assonanze, “toglie le voglie”. Sono da segnalare inoltre la “Riserva Stefano Antonucci” (che credo rappresenti nel mondo il massimo grado di eleganza del Verdicchio classico) e il “Tardivo Ma Non Tardo”, un Verdicchio – anche questo classico – di grande personalità, ottenuto utilizzando uve raccolte tardivamente (surmaturate). Per quanto riguarda i rossi, Stefano, puntando come si è detto alla valorizzazione del territorio, si dedica prevalentemente al Montepulciano – vitigno appunto strettamente legato alle colline marchigiane – con il “Maschio da Monte”, prodotto per la prima volta nel 2000 solo con uve Montepulciano. Antonucci non utilizza però il Montepulciano solo “in purezza”, ma anche in sapienti uvaggi: realizza infatti con uve Cabernet Sauvignon, Montepulciano e Merlot il “Pignocco rosso” e la “Riserva Stefano Antonucci rosso”, due vini nei quali di Luigino Bruni Sommelier professionista e docente (IIS) “Panzini” di Senigallia vengono utilizzate le stesse uve ma in percentuali diverse, così da ottenere due prodotti molto diversi, ognuno accattivante a suo modo. Stefano produce due bollicine straordinarie, un brut e un rosé, nate da una collaborazione con un altro meraviglioso territorio italiano: la Franciacorta. Interessante è anche il “Sensuade”, fatto con uve di Lacrima, Moscato Rosso e Vernaccia Rossa, nato dall’intuizione che Stefano ha avuto a Formentera di esaltare il vino rosato. Bianco è l’”Animale Celeste” – Sauvignon 100% – vino di straordinaria freschezza e piacevolezza, ideale soprattutto d’estate. L’ormai celebre rosso “Pathos” è realizzato con parti uguali di Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah, e prevede un passaggio di 18 mesi in barrique; è un vino elegante e allo stesso tempo dotato di una struttura capace di abbinarsi a una fiorentina, ma ideale anche con selvaggina e formaggi stagionati. Il vino a cui vorrei rivolgere maggiori attenzioni in questa passeggiata virtuale tra le botti della cantina “Santa Barbara” è il “Mossone”, ultima creazione di Stefano Antonucci (chiamato dagli amici intimi “Mossi”), un vino prodotto con uve Merlot in purezza coltivate a circa 260 metri di altitudine, le stesse che intervengono nella composizione del “Pathos”; l’età della vigna è di circa 20 anni, con esposizione a sud-est, con sistema di allevamento a cordone speronato e con una resa per ettaro di 45 quintali; è vinificato in acciaio per circa 21 giorni, successivamente maturato in barrique nuove per 18 mesi e infine lasciato riposare in bottiglia per altri 6 mesi; è un vino che abbiamo assaggiato più volte: si offre alla vista con un rosso rubino vivace consistente; regala al naso sentori di marasca, mora, note balsamiche e terziarie notevoli ed eleganti; il gusto è pieno, avvolgente e caldo, con note di frutta rossa e leggera vaniglia e cioccolato, con tannini morbidi e setosi; la sua ottimale temperatura di servizio è di 16°; l’abbinamento ideale è con la selvaggina e con formaggi stagionati. Il Mossone è un vino che ti conquista e ti affascina sin da subito per il suo stile deciso e inconfondibile che gli donano le uve Merlot.