È un piacere sentire il profumo di entrambi, sia a crudo che a cotto. Magari a molti potranno ambedue dare fastidio, forse tollerare l’uno rispetto all’altra e viceversa, ma ogni ricetta che prevede il loro impiego sicuramente avrà più carattere. Come in tutte le pratiche culinarie gli alimenti non devono essere depauperati in cottura, maltrattati nella manipolazione e tantomeno essere impiegati a sproposito. Bisogna saper scegliere quando valorizzare gli aspetti aromatici rispetto a quelli del gusto. Insomma Re e Regina dovranno essere impiegati con “devozione”, occorre quella giusta attenzione, per quantità e modalità d’impiego per migliorare una salsa, una crema, un ragout, un ripieno, una confettura e magari anche un dolce. In molti casi entrambi i bulbi hanno fatto parte integrante di molti impasti per pane, focacce e pizze ed è innegabile che siano diventati patrimonio del gusto delle diverse cucine territoriali italiane. Molte sono le varietà di aglio e cipolla che provengono dalle nostre campagne, alcune di queste vengono prodotte in piccoli orti domestici, in qualsiasi caso dovranno essere impiegati in diverse modalità e desideriamo raccontarvi alcune curiosità legate all’uso di questi due bulbi. Il nostro Re spesso lo si unisce alla Regina, in rapporti minori e diversi, ma secondo noi questa unione non è rispettosa per entrambe le figure. La pungenza dell’aglio non ha nulla a che vedere con la dolcezza della cipolla, da questo momento in poi li separiamo entrando nel dettaglio del loro impiego. L’aglio dà il meglio di sé quando incontra grassi non troppo caldi, ma deve essere crogiolato con molta cura, rimanere bianco, leggermente paglierino, poi subito spento, raffreddato da qualsivoglia umidità. In effetti facendo bruciare l’aglio, colorandolo troppo, non otteniamo un buon risultato, il profumo tipico diventa a volte invasivo, le preparazioni più disparate perdono la loro nobiltà. L’aglio diventa nemico delle nostre preparazioni quando è emulsionato nell’olio da crudo oppure quando è frullato ad alta velocità, soprattutto quando viene tritato e lasciato imbiondire nell’olio senza aver cura della temperatura. Secondo noi il modo migliore per avere questo bulbo dalla nostra parte è quando lo lasciamo bollire nel latte oppure quando viene messo a crogiolare intero nell’olio spegnendo subito il calore con acqua o brodo. Utile sarebbe impiegare l’aglio in spicchio, leggermente schiacciato quando dovrà subire una cottura in forno, meglio ancora con la sua camicia. Per il classico intingolo aglio, olio e peperoncino, dovremmo veramente essere bravi a non surriscaldare l’olio, facendo in modo che il bulbo, anche se tritato, rimanga bianco, ma capace di aver impreziosito tutto il grasso impiegato. Per fare questo sarebbe utile non esporre l’olio alla fiamma diretta per molto tempo, ma preferibilmente solo per pochi istanti. Poi saltare la pasta lunga e a fuoco vivace mantecare il tutto. La cipolla, nelle sue enormi varietà, è più versatile, nel profumo e nel sapore, richiede meno ingegno nel suo impiego. Anche in questo caso, la dolcezza della temperatura vuol dire molto, dovremmo imparare a ridurre il più possibile la cultura del soffritto, non solo perché non fa bene alla salute, ma perché olio e cipolla non devono essere strapazzati dalle temperature. Il trito della cipolla deve incontrare l’olio caldo, ma poi subito appassita con umidità. Lo stesso vale quando essa è tagliata a fette, in questo caso dovremmo far asciugare la sua di umidità e fare attenzione alla colorazione. Immaginate il buon fegato alla veneziana, dove spesso la cipolla risulta quasi sempre troppo soffritta e non dolcemente appassita. Il segreto della nonna era quello di coprire la padella con un coperchio e fare in modo che la naturale umidità della cipolla restasse dentro la padella a compiere il suo compito.

Marco Valletta