Soncino, valeriana, radicchio di Chioggia o di Treviso, indivia, scarola, catalogna, e ancora lattuga romana, belga, lollo rossa; rucola. Sono solo alcuni e fra i più conosciuti tra i nomi delle varietà di insalate che si possono tranquillamente reperire nei nostri mercati e supermercati, in molti casi già prelavate, tagliate e confezionate in buste pronte all’uso. L’utilizzo previsto è quasi sempre lo stesso: da sole o accompagnate da altri vegetali, condite più o meno riccamente, si affiancano come contorno nei pasti più strutturati o diventano pietanza principale per uno spuntino quando non si ha voglia di cucinare. È altresì vero che alcune di queste piante erbacee possono diventare (e storicamente sono diventate) ingrediente base per bevande “da compagnia”. Il primo pensiero sicuramente non può che andare al noto caffè di cicoria, bevanda spesso utilizzata come sostituto del caffè in momenti economicamente difficili, soprattutto nelle zone rurali. Nel XVII secolo, quando si suppone sia nata tale bevanda, il caffè vero e proprio non era, nel continente europeo, di così facile reperibilità: pertanto il caffè di cicoria era diffuso anche fra le classi medie e medio alte. D’altra parte, il gusto amaro della radice di Cichorium Intybus tostata, richiama lo stesso gusto della bevanda esotica che, come consuetudine, sancisce l’inizio della giornata della maggior parte degli italiani. L’attuale filosofia di una alimentazione salutista ha riproposto il caffè di cicoria esaltandone le proprietà digestive e depurative per il fegato, associate alla totale assenza di caffeina che ne permette il consumo durante tutta la giornata, senza gli effetti indesiderati causati dalla caffeina stessa. La proposta è stata recepita dal pubblico tanto che attualmente è possibile reperire il caffè di cicoria anche nei grandi centri di distribuzione, sia in forma solubile (consumabile sciogliendola in acqua calda), sia in polvere preparata per l’utilizzo nella classica moka. Passando a qualcosa di più forte, anche la liquoristica propone una serie di prodotti in cui l’insalata è saltata dal piatto al bicchiere. I nobili radicchi trevigiani diventano protagonisti in liquori di recente produzione, forti del marketing che si può creare attorno ad un marchio IGP. La distilleria Negroni di Mareno di Piave (Tv) presenta Amaro Trevigiano, un liquore che raggiunge i 27°, prodotto mediante la macerazione in alcol di foglie di Radicchio Rosso di Treviso Igp per un periodo di circa tre mesi. Dopo una fase di torchiatura per l’estrazione dell’infuso, questo viene lavorato mediante l’aggiunta di zucchero e acqua. Il prodotto di colore rosso scuro ha un profumo evidentemente erbaceo che si ripropone al palato, subito sostituito dal retrogusto amaro. I produttori consigliano il consumo di tale prodotto a fine pasto, liscio o con ghiaccio, evidenziandone le proprietà digestive e depurative. La famiglia Tonon, proprietaria del ristorante Da Celeste di Vengazzù (Tv), in collaborazione con le Distilleria Franciacorta, allo stesso ingrediente propone un azzeccato matrimonio col lime in Fogliarossa, un liquore più leggero del precedente (18°), che viene usato sia come digestivo che come ingrediente caratterizzante in alcuni cocktail. Il gusto è, di primo acchito, quello aspro del lime, che subito si ammorbidisce sulle note calde e amaricanti del radicchio. L’utilizzo come componente amaricante è consigliato, possibilmente senza l’aggiunta di altri ingredienti aspri che potrebbero mascherarne la particolarità, sia per spritz che per un fizz (tipologia di long drink non eccessivamente alcolici, caratterizzata dalla presenza di soda e succo di limone). Scendendo lungo lo stivale non si può certo dimenticare il tradizionale Rucolino di Ischia, un liquore ricavato dalla macerazione delle foglie di rucola selvatica. Questa, rispetto alla variante coltivata, risulta al palato più forte e piccante, carattere che viene trasmesso in toto al liquore. Nella ricetta tradizionale si aggiungono scorze di agrumi e spezie quali garofano, cannella e vaniglia. Le varianti commerciali, proprio per mitigare la componente amara dell’erba, prevedono l’aggiunta di caramello. Il risultato è un amaro da fine pasto gradevole, in cui l’isola campana si presenta con tutti i suoi profumi, lasciando al palato una piacevole sensazione di freschezza. È importante sottolineare, come dagli esempi riportati sopra, il fatto che in tutte le preparazioni vi sia sempre l’associazione di erbe amare con proprietà digestive. Questo perché la percezione del gusto amaro in bocca attiva i recettori che stimolano una più rapida secrezione dei succhi gastrici nello stomaco favorendo il processo digestivo.

Giacomo Righi