Cibo informale facile da mangiare, però a volte difficile da digerire perché assemblato con prodotti di scarsa qualità, che non tengono conto dell’apporto calorico e di altri parametri che certificano l’identità del prodotto. Da qui il nome che molti gli appioppano: cibo spazzatura. Ma non è sempre vero, perché fra le preparazioni esistono delle ricette che si identificano nella tradizione e nel territorio. Infatti, girando l’Italia, e non solo, si scopre che la cultura del territorio viene comunicata attraverso queste preparazioni, a volte semplici a volte più complesse, comunque sempre veloci e facili da mangiare. Si mangia passeggiando, ai giardini, ad una festa del patrono, in ufficio, in macchina, sulle rive di un ruscello, senza tovaglia e formalità. Chiaro che, luogo che vai e cibo che trovi. Napoli sembra essere la città dove più si mangia per strada, forse perché la pizza con pomodoro e mozzarella conosciuta nel mondo come Margherita, viene venduta e incartata piegata in quattro parti: fuori ha un bordo croccante dentro ha il cuore morbido. Si mangiava e si mangia camminando, bevendoci sopra acqua, birra o bibite analcoliche. Per un sommelier non è il massimo e penso che io non sia stato interpellato per questo. Lasciatemi dire che qualsiasi preparazione della fattispecie ha un costo molto inferiore al cibo servito al ristorante. Di conseguenza anche i vini dovranno essere adeguati, ma mai dire mai visto che nel film “Sideways”, il protagonista Paul Giamatti, seduto solo ad un tavolo di un autogrill, mangia un hamburger accompagnandolo con lo “Cheval Blanc”, nascosto dentro una busta, sorseggiandolo in un bicchiere di carta. Tornando alla pizza napoletana, la stragrande maggioranza dice birra, io azzarderei un rosato o un bianco morbido e fruttato. Sempre a Napoli, una preparazione tipica è “u cuoppo o u cuoppetiello” di zeppole, panzotti e altri fritti. Certo per strada è difficile berci delle bollicine, ma è l’unico vino sensato che può abbinarsi, servito ad una temperatura di 7 gradi. In sostituzione, un bianco leggermente acidulo, comunque giovane e di buona gradazione servito a 10 gradi. Ma per strada è più facile trovare una birra che in questo caso sarà una trappista o una Ale chiara aromatizzata alla frutta. Per accompagnare un panino farcito con porchetta, prosciutto cotto e mozzarella, sicuramente consiglierei un rosso giovane servito fresco, 14 gradi, o un rosato del Salento. Per la birra opterei per una tedesca, una Weizen chiara o un Ale chiara. Un’altra leccornia è l’insalata fredda di musetto e piedini di maiale, condito con sale, pepe e limone. Se è vero che siamo sempre a Napoli, è altrettanto vero che il massimo della goduria lo si ha bevendoci sopra un Lambrusco di Sorbara. Il lampredotto, invece, è il cibo da strada più diffuso a Firenze. È il quarto degli stomaci del bovino: viene bollito, tagliato a fette e servito su un panino all’olio bagnato con il brodo e insaporito con una salsa verde al prezzemolo e basilico, sale e pepe. Che vino abbinarci se non un Chianti giovane con un’acidità che lo rende fresco e un tannino equilibrato? Ma impazza anche la richiesta di hamburger di Chianina verace con anelli di cipolla dolce stufata e senape di Digione, insalata verde, fetta di pomodoro cuore di bue. Per cortesia lasciamo da parte la birra perché in questo caso il Chianti Classico maturo è d’obbligo con tutta la sua eleganza, i suoi profumi, ed i tannini avvolgenti, lungo il palato e detergente della succulenza creata dalla carne. Se prima ho parlato di pizza Margherita in quel di Napoli, qui a Firenze non posso non citare la schiacciata all’olio; dalle nostre parti la conoscono come stirata romana. La caratteristica della schiacciata è che non ha grassi animali, è fatta con acqua, farina, lievito, sale e olio evo. Digeribilissima anche perché la componente acqua nell’impasto è notevole. Può essere mangiata con sale grosso e olio o con pomodorini asciugati al forno e leggermente canditi, o con altri tipi di condimento che non sovrasti il sapore della focaccia che si differenzia da un posto all’altro per la tipologia della farina utilizzata. Qui l’abbinamento segue il condimento, un bianco fresco e leggermente mosso sposa a meraviglia la versione base, e un rosato di Sangiovese per quelle condite con le verdure. Nella Marche, per concludere, debbo citare l’oliva all’Ascolana, che viene farcita, impanata e fritta; non si può venire nella nostra regione e non assaggiare l’oliva fritta ed il ciauscolo, un salume tritato fino con una grossa componente di lardo, aromatizzato al vino cotto e un sentore di aglio. Ad Ascoli hanno creato l’oliva e la Velenosi ci ha messo la sua Passerina spumante. Ultimo vanto ed orgoglio delle Marche è Mauro Uliassi che è entrato nel circuito del cibo di strada con il suo panino “Di porchetta in porchetta”. Un pane contenente un po’ di pepe e finocchietto selvatico, con la crosta insaporita con cotenna croccante e farcito con la porchetta. Ho visto tantissimi abbinarlo ad un Verdicchio che piace ed è di facile beva, ma secondo me i vini ideali sono le riserve bianco e rosso Stefano Antonucci.

di Massimo Biagiali