Credo che la mia prima pizza la mangiai il giorno in cui mi iscrissi alle scuole superiori, anno 1960, a Treviso in una pizzeria storica. Non erano numerose allora, specie nelle cittadine e piccoli centri. Ricordo la lista-menù, forse sei o sette voci, oggi se ne contano alcune decine. È andata un po’ così anche per i gelati, con proposte di gusti a volte inimmaginabili. Ho letto da qualche parte una sintesi della pizza in tre aggettivi: economica, veloce, completa e, mi permetto di aggiungere, spesso anche festaiola. Già perché oltre a costituire un pasto completo, il più delle volte viene gustata in compagnia di amici, per una ricorrenza alla buona, una rimpatriata, un compleanno, una celebrazione senza pretese, la fine dell’anno scolastico. Quante volte abbiamo detto e sentito: dai, andiamo a farci una pizza! Mi azzardo ad aggiungere un altro aggettivo: patriottica. Pensiamoci, cosa c’è di più italiano della pizza nell’immaginario collettivo mondiale? Il primo posto è suo, al secondo gli spaghetti, poi il mandolino e chiudiamo con “O’ sole mio”. La pizza nella sua versione base, la Margherita, esprime anche il tricolore, la bandiera nazionale. Fu, sembra accertato, il pizzaiolo Raffaele Esposito, napoletano verace, a crearla nel 1889 in occasione della visita nella città partenopea della Regina Margherita, consorte del sovrano Umberto I. Il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico, dunque Viva l’Italia, naturalmente con tutto il rispetto per la Pattuglia Aeronautica Militare, le Frecce Tricolori, che probabilmente pure loro amano farsi una pizza quando sono in compagnia e fuori servizio. Piccola notazione di ordine economico: Ma quanto PIL generano tutte le nostre pizzerie con la filiera che da loro si conclude? La pizza, dunque, anche come componente non certo trascurabile della ricchezza nazionale. E c’è di più, infatti dal 2017 la pizza, o meglio l’arte dei pizzaioli napoletani, è stata proclamata dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’Umanità e, da uno studio di Confartigianato, risulterebbe che ogni giorno in Italia si sfornano cinque milioni di pizze mentre nel mondo cinque miliardi. Numeri stratosferici. Il figlio del mio vecchio amico Massimo, ristoratore ad Arezzo, propone nel suo locale, oltre a piatti della tradizione toscana, anche pizze e l’ultima creazione è quella “al lampredotto”, semplificando direi con la trippa. Alla prossima visita non potrò esimermi dal provarla. Hai visto mai!?