Questa preparazione fa riferimento alla ricetta della “granseola alla veneziana”, piatto forte della tradizione veneta. Il suo nome, granseola, usato comunemente oggi giorno nella lingua italiana, trae origine infatti dal dialetto della Serenissima e, più precisamente, è il risultato dell’unione tra i termini granso (granchio) e zéola (cipolla) il cui carapace trae forma. Non tutti sanno però che questo crostaceo, la cui polpa è una vera prelibatezza, veniva, un tempo passato, scartata dai pescatori, assieme ad altre sue specie (canocchie e granchi di vario genere), in quanto non considerato prodotto di pregio, al pari del branzino, orata, gambero o scampo. Anzi, il suo pescato era considerato una sorta di maledizione dai pescatori, in quanto rovinava in modo grave reti, nasse e tramagli da pesca, attirato dal pesce imbrigliato. Divenendo loro stesse prede, una volta districate e liberate dalle reti le granseole venivano letteralmente frantumate, quasi con spregio, sotto gli zoccoli dai pescatori veneziani e gettate, una volta al rientro in laguna, nelle riserve di pesca dei nobili della Serenissima a modo di cibo da pastura per i pesci stessi. Miseria e carestie però han fatto sì che questo crostaceo (assieme ad altro) divenisse cibo e sostentamento per moltissime famiglie povere facendolo, con il tempo, scoprire ed apprezzare sempre di più anche dalle tavole dei ceti più nobili, sino a divenire un piatto di grande pregio della cucina tipica veneziana. La ricetta qui presentata rispetto alla tradizionale, “contaminata” (a mio avviso) dalla presenza del tuorlo d’ uovo setacciato, è resa più fresca ed attuale, dove i sapori contrastanti della mela acerba, del finocchietto e della squisitezza della polpa del crostaceo si fondono in una unica prelibatezza degna delle nostre migliori tradizioni culinarie.

Ricetta per 4 porzioni: 4 granceole di media grandezza; 4 piccole mele verdi a polpa acida; 2 teneri finocchietti del litorale del Cavallino; poco prezzemolo trito fresco; il succo di un limone verde; 2 dl. Olio extravergine di oliva del Garda; sale e pepe q.b.; 1 cucchiaio di aceto di miele.

Per la bollitura dei crostacei in acqua: 1 cipolla; 1 costa di sedano; 1 foglia d’alloro; qualche grano di pepe nero; 1⁄2 limone; sale q.b.

Mettere in congelatore il bicchiere inox in dotazione al frullatore Orione Sirman per una mezz’ora, quindi frullare velocemente con 1 cubetto di ghiaccio, al fine di non ossidare il composto con il surriscaldamento meccanico, la polpa di 2 mele, il succo del limone verde, il cucchiaio di aceto di mela e l’olio EVO. Lasciare in infusione in un luogo fresco per almeno mezza giornata. Spazzolare con cura le granseole con una spazzola di saggina sotto l’acqua corrente. Immergerle in una capiente pentola con acqua salata in ebollizione e gli odori per 8 – 10 minuti; toglierle dal fuoco e lasciarle intiepidire. Scolarle e con la punta di un grosso coltello, infilata nel guscio sotto gli occhi, fare leva staccandolo dal resto del corpo; sempre con lo stesso coltello farne dei tranci allo scopo di evidenziare gli “alveoli “ del carapace dove è collocata la fine polpa, con un martellino poi spezzare chele e zampette del crostaceo. Con l’ausilio di uno spiedino o dell’apposita forchettina bidente estrarre la bianchissima carne ed il corallo che si trova nel suo interno, riponendolo in una capiente ciotola. Si abbia cura di scartare le parti vitree e coriacee. Tagliare delle fettine sottili di mela a mezzaluna e riporle a ridosso e all’interno di 4 cerchi di acciaio posti su piatti di servizio. Tagliare a piccoli cubettini (brunoise) la mela restante e i finocchietti ed unirli alla polpa della granseola. Filtrare attraverso una tamina , strizzando bene, l’infusione dell’olio/mela e condire la polpa aggiustando di sale e pepe e unendo poco prezzemolo trito. Mescolare con cura e delicatamente e riempire le forme. Guarnire a piacimento il piatto con le barbe del finocchietto ed il corallo della granceola o qualche germoglietto.

Stefano Pepe