Non sono un patito del pesce, lo mangio in poche occasioni e di regola mai quello “a forma di pesce”, cioè con branchie, pinne e coda. Preferisco scegliere nel vasto mondo di molluschi e crostacei, specie se serviti già sgusciati, tutta polpa insomma. Mia moglie dice che è perché sono pigro, infatti se mi viene proposto un filetto ben spinato di branzino, orata o simili lo gradisco eccome. Comunque, preferisco i tranci, di spada, salmone, tonno e soprattutto ricciola, quest’ultima un po’ meno presente nei ristoranti. I pesci di acqua dolce quasi non li conosco, eccetto le trote, che ho incontrato già da bambino perché omaggiate a mia mamma maestra dal papà, immagino pescatore, di un suo scolaro. Un’unica preparazione: bollita e con la maionese, che mettevo sul pane e mi piaceva più del pesce. Anni dopo, qualche volta, mi è capitato di gustarla “alla mugnaia” (à la meunière in francese) e non mi ha preso in modo particolare. Riandando con la memoria trovo però qualche pesce di acqua dolce che forse non mi è spiaciuto. Il pesce persico in umido in quella Gasthaus al Passo del Semmering, in Austria, durante un indimenticabile tour in moto ed anche il luccio al forno in un albergo ristorante (una sorta di villa antica) dalle parti di Valeggio sul Mincio.
Ma a ben pensarci forse ho migliore ricordo dell’atmosfera dei locali che dei piatti che mi sono stati serviti, sicuramente meritevoli ma un poco lontani dai miei gusti. C’è però un’eccezione che credo possa riscattare la tiepidezza con la quale ho fin qui trattato il pesce di acqua dolce. I miei fiumi di casa sono il Piave (sacro alla Patria) ed il Brenta e sono affettuosamente legato ad entrambi, ma è a quest’ultimo che dedico la mia nota gastronomica. Nelle sue acque, in particolare nelle pozze lungo le sponde, dove la corrente è quasi nulla, vive la “moretta”, un pesciolino che in lingua italiana è chiamato selgarella o sanguinerola. Pare che venga pescato con la canna, uno alla volta, davvero un impegno considerato che ne servono non pochi per una buona frittura. Ebbene, le morette fritte mi piacciono davvero e sono anche fortunato perché proprio a due passi dal Brenta, in territorio di Fontaniva (Padova), ho il mio posto per gustarle, con la polenta. Là c’è il locale di Orazio, che considero un amico e che, in stagione, con un minimo di preavviso e tramite un fornitore che lui solo conosce, riesce a mettere in tavola una frittura sublime, magari preceduta da una frittatina con le deliziose morette.
A volte c’è anche Ernesto, altro amico che ho in zona, compagno ideale per lo spirito, le chiacchiere e la bottiglia di Lugana, inderogabile con le morette. Grazie Orazio, Ernesto e grazie anche a te caro pesciolino di acqua dolce.