L’albero del fico evoca estati mediterranee, cieli azzurri, frinire di cicale, pomeriggi assolati e pigri, un libro sotto la fresca ombra e sul tavolo un piatto dei suoi morbidi frutti, privi di profumo ma saporitissimi, cresciuti senza che vi sia stata fioritura. Il fico era coltivato già nella notte dei tempi e nella Bibbia lo troviamo, muto testimone (la combutta fu tra il serpente e la mela) del peccato originale. Adamo ed Eva vergognandosi della loro nudità “intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (Genesi 3, 1-7). Nel corso dei secoli le foglie di fico presidiarono il pudore di statue e dipinti, ma Michelangelo fece di testa sua, almeno per il Davide la cui replica ammiriamo in piazza della Signoria a Firenze, mentre per l’originale dobbiamo entrare agli Uffizi. Giuda tradì Gesù per trenta denari, poi si impiccò ad un albero di fico, anche se altre fonti riportano il tamerice o il sambuco. Ancora nella Bibbia troviamo il fico a simboleggiare la pace, la serenità, l’abbondanza e il benessere, come l’olivo e la vite. Nella tradizione mitologica di Roma i gemelli Romolo e Remo, figli illegittimi del dio della guerra Marte e della vestale Rea Silvia, furono segretamente posti in una cesta e affidati alla corrente del Tevere nella speranza che qualcuno li salvasse. La cesta andò a fermarsi sotto una pianta di fico e là capitò la lupa, scesa al fiume per abbeverarsi. Portò a riva i gemelli, li riscaldò e li sfamò con il suo latte. Con lo scorrere del tempo il significato delle parole si evolve, si amplia ed anche il fico è entrato in espressioni e modi di dire correnti, dai più diversi significati. “Fare le nozze coi fichi secchi” cioè pretendere di fare bella figura con poca spesa. “Non vale un fico secco” ovvero di scarso valore, anche riferito a persone. “Quanto è fico!” bello, elegante, alla moda. In quest’ultimo significato equivale all’americano “cool”. E a tavola? Quel dolcissimo frutto, che sia nero, verde o viola è il primo concorrente del melone, con il prosciutto, piatto estivo per eccellenza. È curioso come il nome delle piante da frutto sia quasi sempre maschile: pero, melo, pesco, banano, ciliegio, arancio mentre quello del frutto è femminile. Il fico è tra le poche eccezioni e va bene così.