Pescheria sottovuoto

questa è la brillante idea maturata nella mente di Jack (nome di fantasia), classico commerciante di prodotti ittici conservati e trasportati sotto ghiaccio in casse di polistirolo.

Perché continuare a sporcarsi le mani quando esiste il sottovuoto? Detto e subito fatto: Jack compra una macchina ed una bella scorta di sacchetti. Fabrizio (Sangiorgi) interviene per illustrare i rudimenti della tecnica. Tutto procede per il meglio, finché non capitano in mano le più belle cappesante del mercato ittico di riferimento. Farle scoppiare nel sacchetto è un gioco da ragazzi. E così avvenne. Bisognava raffreddare l’eccesso di entusiasmo di Jack ed indirizzarlo verso un’evoluzione del sistema, ovvero l’atmosfera protettiva. Jack chiese un appuntamento in studio il 24 dicembre 2004 alle 15.00! (“dovevo verificare il livello di disponibilità del consulente” confidò più tardi il buon Jack). Conquistata la fiducia del cliente fu possibile, dopo aver costituito un team di diversi esperti, mettere a punto un prodotto ittico, pronto per l’uso, confezionato in atmosfera protettiva, da tenere in banco frigo per la vendita e della durata di almeno 10 giorni. Aggiungete un etichetta in grado di soddisfare, nel rispetto della normativa vigente, le curiosità del consumatore ed il pesce è servito…

  1. – fondamentale è stata la fiducia del cliente nei confronti del team di esperti;
  2. – la rigida osservanza delle norme d’igiene ed il completo stravolgimento delle abitudini di lavorazione portano ad evidenti vantaggi in termini di qualità e durata del prodotto; questo è ampiamente documentato dalle verifiche microbiologiche effettuate (l’HACCP non è un optional!).
  3. – la miscela standard di azoto-anidride carbonica che viene normalmente proposta in abbinamento alla macchina sottovuoto non è forse la miscela più indicata: ciò che è stato studiato per gli hamburger non è detto che possa funzionare anche per il salmone e per il merluzzo!

Il lavoro è stato oggetto di una tesi di laurea presso l’Università di Udine ed è stato presentato nel Congresso Internazionale dei Biologi a Belluria (RN) nel 2005. L’attività di Jack continua ad espandersi ed aumentano le richieste (anche dall’estero). Poco importa poi se il sottoscritto ha trascorso Natale e Santo Stefano a letto con la febbre alta!

Baccalà mantecato

Al e John (nomi di fantasia) ritengono che il confezionamento in atmosfera protettiva sia la soluzione più idonea per la gestione del loro prodotto da proporre ai propri clienti in forma ambulante oppure presso alcuni supermercati. Al e John comprano la stessa macchina, gli stessi sacchetti, la stessa bombola di gas (la solita miscela standard azoto-anidride carbonica). Al e John ottengono però risultati decisamente diversi. Dopo 10 giorni, Al denuncia la comparsa di evidenti variazioni organolettiche (in particolare variazioni di colore) e lo sviluppo di muffe. Non è proprio il caso di assaggiare ed è evidente che qualcosa non funziona nel processo di preparazione.

Il baccalà mantecato di John invece arriva tranquillamente fino a 20 giorni e sembra che si possa fare ancora meglio. La grossa fortuna è stata quella di poter confrontarsi con entrambi gli imprenditori e di poter indagare attentamente nei rispettivi laboratori. Il laboratorio di Al è annesso ad un negozio di vendita. La struttura, quasi nel centro storico della città, è “vissuta” e dimostra evidenti acciacchi dovuti all’età. Al vanta una pluridecennale tradizione di gestione della gastronomia. La “marcia in avanti” non esiste come non esistono zone dedicate. Molte operazioni vengono svolte in contemporanea da personale non particolarmente qualificato che alterna alla spinatura dello stoccafisso il lavaggio delle pentole, l’eviscerazione delle orate o la vendita delle sarde in saor. A casa di John troviamo un laboratorio di gastronomia che ha appena ottenuto il “bollino CEE” (ora numero di riconoscimento dello stabilimento). L’esistenza di zone dedicate e la “marcia in avanti” sono requisiti di base. Le attrezzature, ovviamente, sono nuove ed adeguate. Il personale non è specializzato, ma è consapevole dei propri limiti e, per questo motivo, raddoppia le attenzioni ed è maggiormente disponibile nei confronti del consulente. Al ha abbandonato l’idea di rifornire i supermercati. Non è certamente facile, ma il consulente deve talvolta – con la dovuta diplomazia – portare il cliente a rinunciare ai suoi sogni. John ha capito fin dall’inizio che avrebbe avuto bisogno di aiuto e non concepisce il suo futuro imprenditoriale gastronomico senza il consulente. Il rischio oggi è quello di accettare nuovi ordini senza aver la possibilità di evaderli. Il baccalà mantecato di John, portato a sua insaputa da un cliente, ha ottenuto un premio in un festival gastronomico nelle Marche, a 400 km di distanza!

Luigi Tonellato