Il consumo di pesce crudo oramai da tempo richiama un crescente interesse da parte dei consumatori, non da ultimo per la diffusione di cucine internazionali che ne fanno largo uso, prima tra tutte, la cucina giapponese con i suoi tipici piatti di pesce crudo finemente tagliato, “sashimi”, ed i bocconcini di riso con pesce meglio noti con il nome di “sushi”. Tuttavia, anche nella nostra cucina nostrana non mancano simili preparazioni a crudo. Basti pensare alle alici o acciughe marinate (dette anche “all’ammiraglia”), realizzate con alici decapitate, eviscerate e deliscate, trattate con liquido di marinatura acido (limone o aceto), e condimento, o il carpaccio, generalmente di branzino, realizzato con pesce in fette molto sottili, generalmente condite con emulsione di olio, limone, sale e guarnizioni a piacere. Le problematiche connesse al consumo di pesce crudo sono principalmente di due tipologie, entrambe legate all’aspetto igienico dell’alimento. Una, di carattere microbiologico, riguarda la contaminazione primaria del pesce e quella secondaria dovuta alla manipolazione, in assenza di calore; un’altra, di ordine parassitologico, è legata alla possibile presenza di parassiti nella massa muscolare del pesce che, in mancanza di trattamento termico, restano vitali e vengono ingeriti dal consumatore. Considerata la natura della questione, strettamente attinente alle tematiche della sicurezza alimentare e le modalità di applicazione del sistema HACCP, è naturale un richiamo al reg. CE 853/2004 che, insieme agli ulteriori regolamenti comunitari e le direttive connesse, costituiscono il cosiddetto “pacchetto igiene”. Nel regolamento sopracitato, precisamente nell’allegato III, sezione VIII intitolata prodotti della pesca, al capitolo III, lettera D dedicata ai requisiti relativi ai parassiti, è espressamente disposto che i prodotti ittici di seguito precisati devono essere congelati a una temperatura non superiore a -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore ed il trattamento deve essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito, intendendosi per tali: a) i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; b) i prodotti della pesca a base delle specie aringhe, sgombri, spratti e salmone selvatico dell’Atlantico e del Pacifico, se destinati all’affumicatura a freddo, ossia con temperatura non superiore a 60°C; c) i prodotti della pesca marinati e/o salati se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi. Tali prodotti della pesca, devono essere accompagnati, alla loro immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale sono stati sottoposti, salvo qualora siano forniti al consumatore finale. Tale indicazione può essere riportata anche nell’etichetta della confezione e, in caso di eventuali accertamenti necessari, è consigliabile conservarla per un congruo periodo di tempo successivo al consumo. Il descritto trattamento di congelamento, rientrando nell’ottica del principio precauzionale caratterizzante tutta la normativa igienico-sanitaria degli alimenti, è prescritto a scopo preventivo e non di risanamento di pesce manifestamente infestato che, in tal caso, a seguito del controllo visivo dell’operatore del settore alimentare, non sarebbe neppure commercializzabile. Esenzione di tale trattamento è possibile solo su autorizzazione dell’autorità competente e qualora la zona di pesca di origine, secondo i dati epidemiologici disponibili, non presenti rischi sanitari da presenza di parassiti. Particolarmente diffusi in numerose specie ittiche risultano i parassiti del genere Anisakis ed in generale della famiglia Anisakidae.  Tra le specie più soggette vi sono l’alice o acciuga, la sardina, lo sgombro, l’aringa, il pesce sciabola o spatola, il merluzzo o nasello, letriglie, i tonni, il branzino o spigola. Ne consegue dunque che è la stessa normativa comunitaria, per evitare simili rischi parassitologici, a richiedere agli operatori di congelare il pesce costituente la materia prima per preparazioni destinate al consumo a crudo o, alternativamente, di congelare il prodotto finito pronto per la somminstrazione. Anche una specifica disciplina in materia sanzionatoria è prevista sempre a livello comunitario mediante l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di somministrazione di pesce crudo non sottoposto al trattamento richiesto. Inoltre, qualora i parassiti appartengano alle specie pericolose per l’uomo, si applica l’art. 444 del Codice Penale che punisce con la reclusione e la multa chi detiene, distribuisce per la vendita o pone in vendita sostanze alimentari che, pur non essendo contraffatte o adulterate, risultano pericolose per la salute pubblica.

Annalisa Case