Tra casalinghe, cuochi e chef fantasiosi

Il mondo della “pasta fresca” è immenso, variegato, eclettico e, soprattutto, la pasta fresca è espressione di tante culture territoriali delle numerose cucine d’Italia, ma potremmo dire anche del mondo. Non esiste cucina di un determinato territorio italiano che non preveda oggi una pasta ripiena, alcune tipiche da secoli, altre invece diventate tipiche o famose grazie alla fantasia di qualsivoglia signora Maria o di determinati chef, più o meno noti. La pasta fresca varia il suo ripieno da stagione a stagione perché può essere farcita con carni, oppure perché ripiena di magro. Altre paste ripiene invece si nobilitano perché farcite con prodotti ittici più o meno nobili. Insomma, la pasta, più o meno sottile, quando è ripiena deve essere considerata come uno scrigno che raccoglie gioielli preziosi e gustosi. Questo scrigno è anche piacevole ed intrigante, capace di avvolgere qualsiasi farcia (ripieno gioiello) e poi, con un semplice tuffo in acqua bollente e in movimento, l’immaginario scrigno si potrà gustare semplicemente con un po’ di burro spumeggiante, oppure con un filo d’olio extravergine d’oliva. Con o senza formaggio, la pasta ripiena è affrontata dall’avventore con una semplice forchettata, così il gioco è bello che fatto e abbiamo preso per la gola tutti, grandi e piccini. A chi non piace la pasta ripiena? Potremo parlarne per ore, ma è d’uopo prendere diverse strade e percorrerle con precisione, demandando a ciascuno di voi lettori dubbi e perplessità a riguardo. Si può parlare di “pasta fresca” se: l’impastato è fatto con sapienza; se esso è costituito di farine diverse, in purezza o miscelate tra loro; se l’impasto è impreziosito da aromatizzazioni naturali quali erbe aromatiche o spezie, oppure se l’umidità che costituisce la pasta fresca è fatta di uova intere (senza guscio, logico), di sola acqua; Pasta fresca ricca e nobile perché costituita da farina tecnica e impastata con tantissimi tuorli oppure per il fatto che lo chef ha voluto rendere una pasta fresca più leggera perché ha mescolato la farina con tè verde, oppure con vino rosso o altra bevanda aromatica. Non citiamo poi la colorazione fieristica dei diversi formati: giallo con zafferano, rossa con concentrato di pomodoro, viola con le rape, ma anche la paglia e fieno con poltiglia di spinaci. Un’altra strada riguarda il nome della pasta ripiena e l’ampia gamma dei formati, delle fogge, dei tagli e delle miriadi di manipolazioni che servono per compiere l’accurato sigillo, oppure la piega, o anche la semplice chiusura. La pasta ripiena è cannellone, è raviolo, è tortellino, è cappellaccio, è lasagna, e avanti così per dire che può essere cotta al forno, bollita, oppure al vapore, ma anche in brodo, può essere pasticciata e gratinata, ma anche fritta, e poi, come se non bastasse, sia dolce, sia salata. Un altro percorso riguarda la tipologia di impastamento, quello nobile, fatto a mano, con la giusta forza e controllato vigore, per poi dar vita alla buona pratica delle “sfogline”, con lo “sfogliamento” della sfoglia, fatto con arte, sapienza e grinta, con un unico strumento, il “mattarello”, che per pressione va steso da Sud a Nord e, per precisione di asciugatura, allargato da Ovest ad Est. Quanti segreti hanno in serbo le nonne. Poi, più o meno per fortuna, arrivano le sfoglia-pasta meccaniche, poi le elettriche e le diverse trafile che hanno permesso il risparmio del tempo e facilitato la produzione. In effetti, la pasta ripiena sarà più o meno di qualità in base allo spessore della sfoglia preparata, al suo grado di umidità contenuta e alla bravura del cuoco/a nel sigillarne il ripieno racchiuso all’interno. Ma non finisce qui, perché la pasta fresca inizierà ad essere trattata come la pasta secca, subisce l’avvento della logica dell’estrusione, prima con semplice pressione in torchio, come i famosi bigoli, ma poi con tecnologie da urlo, con le decine di trafile tra bronzo e teflon per ottenere fogge inimmaginabili da fare con le mani. Ma la pasta ripiena si può fare sia con le macchine manuali, sia con quelle meccaniche e perfino elettroniche, non mi credete? Andate a vedere i modelli della Sirman, ad esempio. E per concludere omaggiamo le mani, le benedette mani femminili, cosa hanno saputo e sanno fare: pasta fresca con sola acqua e farina messa in pressione di un dito per dar vita alle orecchiette, mani che fanno correre un ferretto da lana per originare fusilli più o meno lunghi, pasta all’uovo che da piccolo quadrato, ripieno con carni miste tritate, diventa un perfetto ombelico chiuso magistralmente.