Risulta sempre più frequente e diffusa ai giorni nostri la locuzione di spesa “a chilometro zero”, agevolando prodotti stagionali del territorio direttamente disponibili dal produttore al consumatore, evitando tutti i passaggi intermedi di filiera. Tuttavia, in realtà, la richiesta di frutta “esotica” non è mai passata di moda, vuoi per la curiosità verso prelibatezze da Paesi lontani vuoi per la presenza di un maggior numero di stranieri nel nostro territorio che hanno dato vita ad attività correlate alla loro terra d’origine compresa la vendita ed il commercio di cibi etnici. Non da meno anche nel mercato degli integratori la richiesta di questi prodotti è altissima, indicando le proprietà degli stessi al fine di garantire, con intenti leciti altre volte meno, potenziali benefici alla salute. Uno dei “poteri” maggiormente attribuiti a diversi alimenti, in primis all’esotica papaya, è sicuramente quello antiossidante che spopola nel marketing dedicato a questo frutto, al naturale ed in forma di integratore, riferendo negli slogan pubblicitari più diversi la presenza nello stesso di sostanze appartenenti appunto alla categoria degli antiossidanti capaci di difendere l’organismo dall’azione dannosa dei radicali liberi ossia quelle molecole aggressive responsabili di diverse malattie e dei processi di invecchiamento. Ferma l’estrema diffusione delle più disparate promesse di benefici, legate più alle esigenze di commercializzazione e pubblicità che a quelle di salute, la normativa europea, molto sensibile all’argomento, ha posto un divieto assoluto alle etichette ed a tutta la pubblicità e comunicazione commerciale che diffonda informazioni ingannevoli, comprendendo sia gli slogan nutrizionali sia quelli sulla salute, richiedendo, invece, informazioni veritiere, basate su criteri scientifici, che non vantino la prevenzione, la cura o la guarigione di malattie, pena la comminazione di sanzioni. Un caso particolarmente discusso ha visto come protagonista proprio la papaya, presente in un noto integratore alimentare, molto pubblicizzato, la cui casa produttrice lo scorso 2014 riceveva dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (Antitrust) una multa di € 250.0000,00 per pubblicità ingannevole, legando alla presenza della papaya tutta una serie di benefici salutistici che si ritenevano non autorizzati in relazione al prodotto ed alla sua efficacia antiossidante. Orbene, la papaya, si può dire quasi alla pari di un attore in carne ed ossa, l’anno successivo, su ricorso della medesima società produttrice del noto integratore, si è vista annullare la sanzione da una sentenza del Tar del Lazio che, ferma l’assoluta necessità ribadita in pronuncia di evitare di indurre i consumatori a credere in proprietà terapeutiche e di prevenzione di malattie anche gravi, peraltro contrario ai Reg. CE 1924/06, Reg. CE 1169/11 e più in generale alla normativa sugli integratori, ha chiarito che l’Autorità (Antitrust) non poteva assumere tout court la decettività dei messaggi dall’assenza di una non meglio identificata autorizzazione, essendo invece necessaria una valutazione di merito sulla veridicità del claim, da effettuare tenendo conto anche della documentazione scientifica prodotta dalla stessa società che non era stata oggetto di adeguata istruttoria. Così anche la papaya, come un qualunque soggetto, si è vista protagonista di un giudizio, con l’augurio comunque che sia sempre primario e rigoroso il rispetto della consolidata normativa alimentare europea in materia di indicazioni nutrizionali e salutistiche e del Codice del Consumo.