Quanti ricordi legati ai tempi spensierati dell’adolescenza, il ritorno dalla scuola, i compiti del dopo scuola, e, finalmente il tanto atteso momento della merenda. Mamma ci preparava abbondanti fette di pane buono, oggi difficile da trovare, spalmate di burro e coperte da un leggero velo di zucchero. Per noi un vero cibo da strada, che ci portavamo nel campetto vicino dove si disputavano partite di pallone con la fetta di pane in mano. Gli anni passavano, i gusti cambiavano, ma il ricordo delle fette di pane rimaneva impresso nella nostra mente, e il vecchio pane, burro e zucchero si trasformava nel più saporito pane, burro e acciughe. Incontro un caro amico, Roberto Santopietro, a Vignale Monferrato, nella Cooperativa il Mongetto, la sua creatura. Roberto mi racconta affascinanti storie legate a questo connubio gastronomico. Un tempo il Piemonte era terra di passaggio, terra di contrabbando, di sale e delle vie del sale, ingrediente dai molteplici usi, molto prezioso. Acciugai, che venivano dal mare, dalla vicina costa francese, o dalla confinante Liguria, con carretti di legno passavano di paese in paese, per vendere il loro carico prezioso di pesce azzurro conservato sotto il sale, dai profumi intensi di salsedine, erbe aromatiche, risultato di un lavoro duro, segnato da enormi sacrifici. Storie legate al mondo contadino. Nella stagione della vendemmia i lavoratori, durante la pausa del mezzogiorno, tra i filari, mangiavano la loro povera “Culasiun”, fatta di pane fatto in casa, burro e acciughe, a volte accompagnato da patate lesse condite con il “Bagnet”: salsa fatta con olio, capperi, prezzemolo, acciughe e uova sode, una vera delizia. Roberto, molto legato alle tradizioni del suo territorio, ha ricreato vecchie ricette, e le ripropone in un tris di salse uniche: Pepito, Bagnetto Rosso e Salsa della Vendemmia, una salsa con i profumi di terra e di mare, meravigliosa. Ma torniamo al nostro panino; dovevo trovare le acciughe perfette e altrettanto burro. Assaggiai le acciughe siciliane, quelle di Marsala, quelle di Cetara nella Costiera Amalfitana, le buonissime di Monterosso, nella Liguria di Levante, e quelle selezionate da Roberto, provenienti dal Mar Cantabrico. Scelsi le ultime, poco salate, pulite alla perfezione e con una nota salinica molto bassa. Era arrivato il momento di trovare l’ultimo tassello per il mio panino. Era facile, bastava usare uno dei tanti burri francesi, o tedeschi, molto buoni, ma lo volevo italiano. E fu così che mi recai a Zane’ in provincia di Vicenza presso la sede della Brazzale, una famiglia di burrificatori dal 1784. Avevo saputo del nascere di un nuovo Burro, il Superiore dei fratelli Brazzale. Mi accoglie Roberto Brazzale, il presidente dell’azienda. Roberto mi fa accomodare nell’ufficio storico, dove si sono seduti i suoi avi. Poltrone di pelle, mobili dell’epoca, si respira la vera anima di questa dinastia, profondamente legata al burro e ai formaggi. Sul nobile tavolo di noce, in bella mostra ordinata, i panetti del nuovo burro, dal più piccolo per le prime colazioni al grande pane da 5 kg, giusto per le pasticcerie e ristoranti. Nella stanza si era sprigionato un delizioso profumo di panna fresca. Tolto l’incarto, la magnificenza di questo burro si presenta dal persistente aroma di panna centrifugata, dal sapore dolce e dall’incredibile spalmabilità, un vero miracolo burriero. Ed io, abituato al burro con la erre moscia, posso sostenere che questo burro accetta la sfida di posizionarsi tra i migliori burri che io abbia mai assaggiato. Bene, il mio panino aveva trovato l’abbinamento perfetto, un vero cibo di strada per i gourmet.