In molti anni di consulenza nell’ambito della ristorazione collettiva, scolastica o socio-assistenziale, sia come esperto nelle commissioni giudicatrici nelle gare di appalto, sia nelle attività di controllo e verifica del rispetto degli aspetti contrattuali, non mi è ancora capitato di trovare dei menu che non prevedano la somministrazione di pizza (talvolta anche definita come “margherita”). Le premesse sono sempre le stesse: menu che punti alla corretta alimentazione e che valorizzi la tradizione mediterranea. In pratica, possiamo ritenerci soddisfatti se la cucina si trova all’interno della struttura in cui avverrà poi la somministrazione. È questa la realtà della maggioranza delle strutture di accoglienza per anziani; invece è una situazione piuttosto rara in ambito scolastico. In questa situazione, la soluzione più scontata è quella del pasto veicolato in regime fresco-caldo (mantenimento dei pasti caldi sopra i 60°C, quelli freddi sotto i 10°C). La maggior parte delle “Linee guida regionali”, e, di conseguenza, i capitolati speciali d’appalto, prevedono che non debbano trascorrere più di 120 minuti dalla fine della preparazione all’inizio del servizio. Vi lascio immaginare quale possa essere la qualità organolettica – quella igienica è garantita – di pasti che partono dl centro di cottura alle 10:00 per essere consumati dalle 12:30 in poi (situazione rilevata e, ovviamente, non conforme, ma purtroppo molto frequente)!
Voglio però soffermarmi sulle modalità di consumo della “pizza” in una scuola materna (poco importa dove, tutto il mondo è paese). La pizza è stata estratta dal forno, inserita nei contenitori gastronorm in acciaio inox e questi nelle casse termiche in polipropilene espanso in pochissimi minuti. Il furgone ha impiegato al massimo altri 5 minuti per raggiungere il plesso scolastico. Vengono prima somministrati i piselli presenti nel menu del giorno. Pur essendo la pizza considerata come piatto unico, va comunque sempre accompagnata da un contorno di verdure o legumi, servito come “antipasto”. Poi viene spesso prevista anche una mezza porzione di prosciutto cotto o di salume di tacchino. Non manca poi il pane, perché così prevede il capitolato! Una saggia decisione secondo molti genitori, anche perché ci sono bambini – pochissimi, ma ci sono – che non gradiscono la pizza (forse bisognerebbe specificare QUESTA PIZZA).
Arriviamo al momento cruciale; queste sono le modalità riscontrate nel consumare la pizza:
1. Visto che la maestra ha insistito perché i piselli venissero mangiati con la forchetta (ed i bambini lo fanno, di punta, e vi lascio immaginare i risultati), c’è chi ritiene obbligatorio mangiare la pizza con la forchetta, sempre di punta, ma manca il coltello… Ovviamente al bambino la maestra non ha spiegato come usare la forchetta di taglio per porzionare la pizza!
2. C’è chi ribalta il pezzo e comincia dalla base.
3. C’è chi toglie lo strato di formaggio (assimilabile spesso ad una crosta) in un unico pezzo da succhiare e mordicchiare.
4. C’è chi toglie lo strato di formaggio e cerca di spezzettarlo con questa benedetta forchetta.
5. C’è chi frammenta con le mani il pezzo di pizza, fa delle palline di base e formaggio prima di ingerirle.
6. C’è però anche chi ha capito che con questo fac-simile di pizza al taglio, è più efficace tenere il pezzo in mano e mordicchiare per staccare i bocconcini da masticare.
Poiché il momento del pranzo a scuola è considerato educativo, sono rimasto sconvolto perché non sono stati rilevati interventi delle maestre per aiutare i bambini a capire come mangiare la pizza, alimento tra i preferiti degli alunni e che nessuno può sognarsi di eliminare. Dobbiamo pertanto – ahimè – mantenere questa vera e propria offesa nei confronti di un nobile rappresentante della gastronomia italiana! D’altronde se il modello è quello della pizza (?) fredda, unta, come la vediamo nei film d’oltreoceano…