Argomento contemporaneo pressoché costante ed onnipresente è il continuo raffronto delle posizioni assunte da Italia ed Europa, spesso difformi tra loro, in innumerevoli vicende di rilievo della vita quotidiana. Ebbene, un confronto Italia/Europa è in essere già da anni in relazione alla richiesta italiana rivolta a Bruxelles di rendere obbligatoria in etichetta l’indicazione dell’origine per la filiera grano pasta. A seguito dei risultati ottenuti da una consultazione pubblica riguardante la trasparenza delle informazioni in etichetta che ha dimostrato l’interesse di oltre l’85% degli italiani alla conoscenza dell’origine delle materie prime dei prodotti alimentari, il nostro Paese, per rispondere ad una maggiore esigenza di trasparenza ed informazione, ha valutato una sperimentazione dell’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima per la pasta. L’iniziativa richiede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia riportino in etichetta il “Paese di coltivazione del grano” ossia il nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano duro, ed il “Paese di molitura” corrispondente al nome del Paese in cui è stata ottenuta la semola di grano duro. Qualora tali operazioni avvengano nei territori di più Paesi membri dell’Unione Europea o situati al di fuori di essa, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata sono utilizzabili le diciture “UE”, “non UE”, “UE e non UE”. Tuttavia, se il grano utilizzato è stato coltivato per almeno il cinquanta per cento in un singolo Paese, è possibile riportare in etichetta la dicitura “nome del Paese” nel quale è stato coltivato almeno il 50% del grano duro “e altri Paesi” (“UE”, “non UE”, “UE e non UE”) a seconda dell’origine. Tali indicazioni, apposte in etichetta in un punto evidente, si richiede siano facilmente visibili, chiaramente leggibili, indelebili e non confuse e/o limitate da altri elementi che potrebbero generare interferenze e/o confusioni. Quale testimonianza del generale orientamento di difesa del grano di origine italiana sembra inserirsi altresì la campagna contro il grano canadese al glifosato che recentemente, per la prima volta dopo anni, ha comportato una diminuzione di oltre il cinquanta per cento delle importazioni di grano dal Canada; fatto particolarmente incisivo se si pensa che, pur essendo l’Italia tra i maggiori produttori mondiali di grano, la produzione nazionale non soddisfa il fabbisogno dell’industria della pasta “made in Italy” necessitando dunque di materia prima di importazione straniera. Tralasciando discussioni e divergenze di opinioni in merito ad eventuali riflessi dannosi per la salute umana legati all’uso del glifosato nelle produzioni Canadesi, fermi i severi controlli europei di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci, è interessante considerare il manifesto ruolo di salvaguardia assunto dall’Italia verso le eccellenze nazionali e l’attenzione sempre crescente alle esigenze di informazione corretta e trasparente. Visti i beni primari in gioco quali la salute l’augurio è che, almeno in tale contesto, il rapporto Italia/Europa non sia di scontro bensì collaborativo e concorde da ambo le Parti finalizzato alla comune difesa dei consumatori e dei produttori insieme. “Si fa presente che contestualmente alla redazione dell’articolo sull’obbligatorietà dell’indicazione dell’origine in etichetta è in corso un ampio aggiornamento normativo che al momento della successiva pubblicazione della rivista potrebbe essere stato ultimato”.