Il continente africano è una riserva inesauribile di sorprese. Questa volta ci rivela il mango, ma quello selvatico delle foreste equatoriali del Camerun centrale e del Golfo di Guinea oggetto di sperimentazione a cura del CTFC – Centre Technique de la Forêt Communale con sede nella capitale Yaoundé. CTFC è un’organizzazione non profit che si occupa di classificazione e inventario delle foreste di proprietà comune, di valutazione dei prodotti forestali, di pianificazione, di formazione degli addetti e di consulenza e assistenza tecnica. Nel quadro delle sue attività, ha avviato un progetto per la valorizzazione di prodotti forestali non legnosi, come appunto lo studio di frutti del bosco per l’alimentazione, come alcune varietà di mango selvatico, puntando così a creare una nuova economia per le popolazioni locali ma sostenibile per l’ecosistema interessato. “E’ un progetto” come dice Bodelaire Kemajou, Direttore di CTFC “sostenuto dalla Cooperazione Tedesca e Francese per la creazione, la strutturazione, l’attrezzamento, il finanziamento ed infine l’accompagnamento di diverse organizzazioni operanti nelle Comunità Locali delle regioni del Centro, del Sud e dell’Est del Camerun”. Le due varietà di mango selvatico considerate sono l’Irvingia gabonensis che produce frutti più zuccherini e l’altra, l’Irvingia wombolu che ha un punto di amaro. L’irvingia (Irvingia gabonensis), anche chiamata Ndo’o, occidentalizzata in “ogbono” o mango africano, è una pianta il cui frutto carnoso e i semi polverizzati vengono utilizzati nella preparazione di diversi piatti tipici della cucina di Camerun e Nigeria. In Italia l’irvingia non è ancora particolarmente nota né diffusa, in particolare sotto il profilo salutistico, anche se molti consumatori hanno letto su internet delle capacità di questo frutto, quale naturale facilitatore di perdita di peso. La polpa, può essere consumata direttamente, oppure trasformata in succhi, gelatine e confetture. Fatta fermentare produce una bevanda mediamente alcolica. I semi costituiscono uno degli ingredienti fondamentali dei piatti della tradizione perché la farina che se ne ricava è un addensante per zuppe e stufati ed in più arricchisce le pietanze di sapore. Un piatto a base di carne di manzo e salsa di semi di mango, è molto diffuso nell’Africa tropicale. La farina si prepara attraverso il processo tradizionale detto dika bread: i semi essiccati, tostati e macinati, sono fatti raffreddare in contenitori che consentono di raccogliere l’olio rilasciato. In tal modo i pani di farina possono essere conservati oltre un anno. Ma pare che l’interesse principale dei consumatori occidentali verso questo generoso frutto non sia tanto per le squisitezze culinarie cui può contribuire, quanto, al contrario, per le sue proprietà dimagranti. Giusto così: per aiutare l’Africa una bella dieta di chi consuma troppo è quel che ci vuole.