Caratteristiche e proprietà alimentari

Le spezie (o droghe) sono parti di sostanze vegetali fortemente aromatiche, spesso di provenienza esotica, che trovano largo impiego nella preparazione di vivande e bevande. Contengono eterogenei composti caratterizzanti (terpeni ed anelli aromatici, alcaloidi, resine, ecc.) che stimolano le terminazioni nervose di gusto ed olfatto e promuovono riflessi utili alla digestione e all’assorbimento. Il loro sapiente utilizzo può essere un giusto approccio alla riduzione del sale, notoriamente correlato al rischio di malattie cardiovascolari. Le spezie risultano tuttavia controindicate in molti disturbi gastrointestinali; a dosi elevate, inoltre, possono provocare gravi azioni tossiche. Vengono utilizzate sia singolarmente che miscelate, come nel curry, condimento composto da varie polveri vegetali aromatiche e piccanti, provenienti da frutti, rizomi e semi di varie piante (zenzero, cardamomo, cominella, curcuma, ecc.). Oppure nel curie, polvere aromatica per minestre o pietanze, composta di cannella, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, pepe nero, peperoncino, zenzero, cardamomo, o nel berberè, miscela di peperoncino, cardamomo, coriandolo, chiodi di garofano, pepe nero, zenzero, cannella, aglio ed altro ancora. Ed ancora nei diversi masala della cucina indiana (periperi, cafreal, caladine) dove la dizione stessa di masala sta per miscuglio di spezie. Nelle quantità abitualmente assunte esse non rivestono uno specifico ruolo nutrizionale, sebbene in alcune popolazioni il loro abituale consumo contribuisca a migliorare l’apporto di alcuni nutrienti, come è il caso del peperoncino per la vitamina C. Possono tuttavia migliorare lo stato di salute per la presenza di sostanze protettive, come i carotenoidi ad attività antiossidante, antibatterica ed antivirale dello zafferano; la curcumina della curcuma con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, epatoprotettive, neuro-protettive, antitumorali (ma si deve ancora individuare la sua reale biodisponibilità nell’organismo umano e devono essere confermati gli studi preclinici). Ed ancora l’estratto ricavato dalla cannella di Ceylon, efficace nel controllo dei picchi glicemici post prandiali; l’estratto di zenzero (ricco di gingeroli e zingeroni) con proprietà antinfiammatorie e ipoalgesiche; la capsaicina del peperoncino benefica per il cuore. Molte spezie possono preservare i cibi dall’attacco microbico e migliorare la conservabilità delle derrate alimentari; l’azione antibatterica degli oli essenziali viene attribuita principalmente ai terpeni, come il limone. Recenti studi hanno posto in risalto l’elevata capacità di ridurre l’ossidazione dei grassi da parte di fenoli contenuti nei chiodi di garofano; in relazione alle proprietà antimicrobiche degli oli essenziali di cannella, è stato individuato quale ingrediente antimicrobico la cinnamaldeide, che inibisce la crescita di alcuni batteri, lieviti e muffe. L’olio ricavato dal pepe di Giamaica e dai chiodi di garofano si è rivelato efficace contro Escherichia coli, Salmonella e Listeria. La progettazione di film edibili commestibili contenenti tali molecole  rappresenta una sfida tecnologica per il packaging alimentare ed una nuova frontiera di utilizzo delle spezie. Esse vengono ricavate da diverse specie botaniche che crescono in una grande varietà di suoli e di climi; la coltivazione, la raccolta e la conservazione possono comportare contaminazioni chimiche, microbiche e fungine; tra le muffe, possono comparire specie produttrici di pericolose micotossine (aflatossine, citrinina, ocra-tossina A, rubratossine, sterigmatocistina, ecc.). I residui di contaminanti chimici e le cariche microbiche devono
essere conformi alle normative vigenti in Italia. Per garantire l’igienicità batteriologica è consentito effettuare trattamenti termici, ionizzanti e radianti (anche se a parziale detrimento della qualità aromatica); più problematico è il rischio potenziale rappresentato dalle micotossine, che sono tecnoresistenti; la Comunità Europea ha stabilito limiti massimi per l’aflatossina B1 e l’ocratossina A in pepe, peperoncino e paprika, zenzero, noce moscata, curcuma e loro miscele. Le spezie sono state utilizzate fin dall’antichità per la cura della salute. Nell’XI secolo la Scuola Medica Salernitana definisce il sapore piccante di “natura calda”, che “assottiglia, morde, riscalda, infiamma, scioglie le parti solide”. L’Europa medievale cristiana si caratterizza per la massiccia presenza delle spezie, ascrivibile in parte a tali principi salutistici, ma certo in misura maggiore al prestigio sociale (“spezie demarcatrici di una cucina cittadina”) e al gusto per l’esotismo, anche se molti ritengono fossero necessarie per occultare l’odore del cibo deteriorato (“spezie come dissimulatori di sapori insostenibili al palato”). In proposito, una recente ricerca giapponese ipotizza che gli ingredienti aromatici delle spezie, oltre a mascherare i sentori sgradevoli, attivino connessioni inibitorie laterali nelle mappe dell’odore del bulbo olfattivo, riducendo la stimolazione olfattoria nelle aree cerebrali deputate. In epoca rinascimentale le spezie sono ancora elemento di distinzione sociale, sebbene la scoperta delle vie marittime ed il maggior afflusso dai mercati di provenienza ne consenta una maggiore diffusione. Il successivo calo d’interesse è forse attribuibile a nuovi prodotti qualificanti le mense di nobili e borghesi: il caffè ed il cacao. Attualmente la loro presenza in cucina gode di rinnovato interesse, sia per il più diffuso scambio di ingredienti, piatti e modelli alimentari (che ha generato una “cucina fusionale”) che per la crescente attenzione allo stato di salute.