Il mio continuo “camminare la terra dei formaggi” spesso mi porta a scoprire antiche tradizioni montanare legate alla cucina, una cucina povera, fatta di semplici ingredienti, prodotti di un territorio difficile, scosceso, dove gli inverni sono molto lunghi. Quindi, patate, verze, cavoli, legumi, cereali, cipolle ed erbe spontanee ricche di proprietà curative. Ingredienti necessari per cuocere zuppe e minestre dai profumi rassicuranti e dal sapore unico. Nelle numerose malghe negli alpeggi estivi delle nostre montagne, ancor oggi sulle stufe alimentate con fuoco di legna, c’è sempre una zuppa o una minestra dove spesso il formaggio diventa l’ingrediente principale, come ad esempio negli alpeggi della bella Valle d’Aosta. Quando posso, in estate, salgo sugli alpeggi del Gran San Bernardo e, non so perché, arrivo sempre nell’ora sacra del desinare. Avvicinandosi alla malga, già il profumo di brodo, di zuppa, “Seuppa” in Valdostano, ti dà il benvenuto. Gran parte delle zuppe sono a base di pane, verdure e Fontina, la regina di questo splendido territorio. Ricordo la “Seuppa i Plat” a base di cavolo verde, pane raffermo, fontina e brodo di manzo, o la “Seuppa di Fret” (minestra del freddo) con semplici ingredienti come pane nero, cipolla, violette essiccate, Fontina e l’acqua, anziché brodo di carne. Buona la “Sueppa de l’Outun (autunno), dove nella pentola l’acqua accoglie la zucca gialla, cipolla, pancetta, burro, Fontina e pasta di piccolo formato. La mia preferita è la zuppa alla Valpellinentze, un capolavoro di antica cultura legata alle tradizioni montanare. In una pirofila si alternano fette di pane integrale precedentemente abbrustolite, verza bollita e fette di Fontina, il tutto ricoperto da brodo di carne, fiocchetti di burro e poi a gratinare in forno: una vera delizia! Amo condividere questi attimi in compagnia dei malgari, pastori, donne instancabili. Il loro duro lavoro viene sempre ricompensato a tavola, degustando queste zuppe calde, confortanti che, per un momento, ti fanno dimenticare le fatiche giornaliere, e nei loro visi resta sempre un semplice sorriso. È ora di partire, voglio andare a scoprire le tradizioni della cucina di montagna del popolo Ladino, nelle dolomiti Trentine della Valle di Fassa. E non posso che salire nel mio amato rifugio, il Fuciade, a pochi passi dal Passo San Pellegrino. Sergio è un profondo conoscitore dell’antica cucina Ladina, per anni ha raccolto ricette oramai dimenticate, e le ha raccolte in un piccolo libro, “La ola e la Segosta”. In lingua Ladina, la Ola e la Segosta sono due strumenti indispensabili per preparare queste deliziose zuppe. La Ola è la pentola in ghisa dotata di tre piedini utili per appoggiarsi sulla pietra del focolare, la Segosta invece è la robusta catena che scende dal camino, che a sua volta sorregge, quando serve, la Ola. Il popolo Ladino ha origini antichissime, provenivano dalle regioni germaniche, ed infine fissavano le loro radici nelle piccole valli delle Dolomiti, scegliendo quelle della Val di Fassa, come terra da coltivare ortaggi, legumi, patate, cereali, fondamentali per la loro dieta. Ed ecco la Zuppa Rostida, a base di burro, farina di grano, acqua e qualche foglia di alloro, o la “Supa Taliena” fatta con pane di segala raffermo, acqua bollente leggermente salata e un cucchiaio di latte. Da non perdere la “Supa da Reves” dove due grosse rape vengono immerse nella pentola “La Ola” nell’acqua fredda e viene gettata a pioggia farina di granturco, condita alla fine con abbondante burro di malga. La Faariesa, “Supa” di fave, carne di maiale affumicato e patate. E poi la “Supa da Craut” di crauti, la “Supa de Fajei”, di fagioli, e la “Supa Orc da Mègher”, zuppa d’orzo, e, per finire, la “Supa da Vin” con pane a fette, passate in padella con il burro, lo zucchero, chiodi di garofano, cannella, limone, il tutto bagnato con il vino bollente. Ascolto e osservo Sergio mentre prepara queste preziose ricette, con l’occhio vigile del figlio Martino. Il tempo sembra essersi fermato, il vento è cambiato, i corvi volano basso, la neve sta per arrivare….