Pasti sostitutivi dei tempi moderni

La brigata di cucina, quella classica che esisteva fino a qualche tempo fa nelle cucine di tutte le grandi realtà ristorative, tra i membri prevedeva la figura di un professionista che preparava le insalate, o parte di esse. Inoltre, un po’ tutti gli altri di brigata in qualche modo contribuivano con qualche aiutino perché montavano salse, cucinavano carni, etc. Il cuoco/a di turno, addetto/a a questo compito, preparava la linea utile; lavava e selezionava gli ortaggi, formaggi, frutti, carni e pesci che servivano; tagliava con precisione quello che poteva essere cotto o crudo; cucinava con tempo misurato gli ortaggi necessari da consumare cotti, aveva la linea delle crudità; inoltre, assegnava agli alimenti proteici scelti, la giusta preparazione al coltello, ad esempio se julienne, se scaloppato, se a macedonia, etc. Insomma, le insalate composte erano il banco di prova di maestria, sapienza, ordine, pulizia e precisione del cuoco/a membro di brigata. Tutto era già preparato in frigo, poi veniva completato “espresso” al momento della comanda, impiattato e servito. Pensiamo all’insalata russa, alla Nizzarda, alla Waldorf, alla Orloff, per citarne alcune. Oggi probabilmente ne troveremo cento di più in aggiunta alle classiche perché basta aggiungere il nuovo prodotto presente sul mercato già cubettato o a julienne, come il bambù; il mais in chicco pronto all’uso, oppure, perchè è diventato esotico aggiungere la patata Yam, la papaya o altro ortaggio e frutto nuovo, di tradizione o di valore esterofilo. Nelle insalate composte troviamo veramente di tutto, spesso anche troppo. Non gradisco quando l’alimento aggiunto viene prelevato da un vasetto in salamoia, in scotola o altro. Non dimentichiamo, poi, le aromatizzazioni affumicate, tostate, fritte, sedicenti prodotti impiegati per arricchirne le texture delle insalate composte. Poi cosa diciamo delle salse impiegate? Si parte da olio evo di alta qualità per giungere ad intrugli con grassi diversamente assemblati o miscelati. Riappropriamoci delle belle insalate composte. Ci fermiamo a pranzo in un locale, chiediamo un’insalatona pensando di restare leggeri, per poi scoprire che tra mozzarelline, gamberetti e altro, di prodotti realmente vegetali nemmeno il 30%. Ho incontrato colleghi capaci, strepitosamente attenti a mantenere fede alle parole “insalate semplici” e “insalate composte”, straordinariamente capaci di fare arte con leggerezza, suggerire gusto con semplicità, fare “alta cucina” con le proprie insalate. Ben vengano questi esempi, lodevole questo modo di presentare all’avventore cose buone, perché semplici, comprensibili che poi diventano preziose. Lo chef studia le insalate, si deve rifare alla tradizione, deve promuovere il proprio territorio, perché se troviamo l’insalata ben studiata, magari l’armonia si potrà completare con la semplice aggiunta di un crostino di pane aromatico come veniva aggiunto alla notissima Caesar Salad.

Marco Valletta