Non è certo un traguardo, ma per usare una volta tanto il gergo del ciclismo, un gran premio della montagna, cioè un grande risultato: Zafferano ha oltrepassato le centomila copie! Un risultato eccezionale nel vastissimo e ormai inflazionato panorama dell’informazione alimentare dove le testate nascono e si dissolvono in pochissimo tempo, dove il peso dell’inserzionista pubblicitario un tempo soltanto “suggerimento” è diventato regola inscindibile, dove è sempre più difficile trovare il nuovo, se non proprio l’inedito, l’originale, non se ne parla del colto. Montagne di carta patinata, eleganti foto, grandi firme (magari le stesse del solito giro dei gourmet), chef che ormai stanno più sul desk che ai fornelli. Un’informazione di settore certamente, ma che riflette un tipo di società che ha tanti proble- mi meno quello del cosa e soprattutto del come mangiare e bere. E vuole dimostrarlo. Il sapere quale vino si accosta a un brasato, quale pasta va meglio con il nero di seppia, quale olio con l’insalata, quale pane proporre delle tantissime varietà di cui il nostro Paese è ricchissimo, è diventato una forma di attestazione culturale, la prova che si è stati in quei paesi, vicini o lontanissimi dove non si è ceduto alla nostalgia della spaghettata di casa. Ecco il successo, troppo spesso effimero, di molte testate dalle copertine attraenti e soprattutto di una sovrabbondanza di trasmissioni televisive, dove accanto alle eccezioni sicuramente professionali, giocano con abbondanza di strumenti e di preparati, troppe casalinghe che non hanno niente da insegnare a quelle che stanno in casa, troppi ragazzotti dagli accenti strani che ti spiegano come si fa una pasta al burro. Non se ne parla dei gourmet, gastronauti, esperti, gastrofili, assaggiatori, commentatori e critici che non sanno più cosa dire e scovano locande, trattorie e osterie con cucina, esaltando una tradizione difficile da raccogliere e ancora abusando nel buttarsi nell’elogio della tradizione, del locale, del paesano. Una montagna di pseudo informazioni che non corrispondono tanto a un’esigenza di cultura della tavola e della cantina, quanto dell’esibizione di un sapere che si esaurisce con un alka-seltzer. Ma lasciamo stare gli altri, Zafferano è cresciuto di numero e di credibilità grazie a tante firme di prestigio e a tecnici affermati che non hanno bisogno di altre vetrine. Il nostro successo è confermato da quella righetta in fondo alla copertina.

Carlo Mocci