Le carni vengono distinte in base alla razza dell’animale da cui provengono, l’intensità del colore e la parte del corpo utilizzata, in funzione di varie caratteristiche (consistenza, grana, tessitura delle masse muscolari e contenuto in grasso). Il valore nutrizionale della carne è riferito principalmente alla quantità ed alla qualità della frazione proteica (mediamente pari al 20%), riferibile sia alle proteine miofibrillari (actina e miosina) che sarcoplasmatiche (miogeno, globulina, mioglobina ed emoglobina). Circa l’1.5% della carne è rappresentato poi da varie sostanze riunite sotto la denominazione di “sostanze azotate non proteiche”, come glutatione (responsabile del sapore che la carne assume in cottura), carnitina (importante nelle reazioni di ossidazione degli acidi grassi), creatina, carnosina, anserina, purine, ecc. La frazione lipidica, assai variabile in funzione del taglio, è rappresentata soprattutto da trigliceridi. Il contenuto medio di colesterolo si aggira sui 70-80 mg/100 g e non varia significativamente in funzione della specie animale. I glucidi sono rappresentati da glicogeno, presente nel muscolo vivente e perduto durante la frollatura. Per quanto attiene i minerali, vi sono buone quantità di potassio, sodio, magnesio, fosforo, zinco, rame, manganese e ferro (quest’ultimo in forma altamente utilizzabile). Il contenuto vitaminico riguarda principalmente niacina (vitamina PP), tiamina (vitamina B1 ), folati, vitamina B12 e riboflavina (vitamina B2 ). È importante sottolineare come la qualità proteica, abbastanza costante nei diversi prodotti carnei e riconducibile alla composizione in aminoacidi, sia molto buona e poco o nulla influenzata dai diversi trattamenti culinari o industriali cui la carne viene sottoposta prima del consumo. Le proteine della carne presentano un ottimo rapporto lisina/triptofano, aminoacidi che stimolano e regolano la sintesi proteica connessa ai fenomeni dell’accrescimento. Le carni macinate, quando poste al confronto con un’analoga porzione intera, conservano le caratteristiche nutrizionali ora esposte e presentano una maggiore digeribilità: il trattamento di triturazione delle masse muscolari “denatura” infatti le proteine, formate da strutture complesse in cui, oltre ai legami tra i diversi componenti, compaiono varie interazioni chimiche che rendono più lenta l’azione degli enzimi digestivi. La facilitazione del processo digestivo è utile soprattutto per alcune destinazioni privilegiate (pasti per comunità ed ospedali, in particolare per bambini ed anziani). Il tempo di cottura, il tipo e la quantità di grassi da condimento aggiunti influenzano tuttavia, anche sensibilmente, il tempo di digestione, che si allunga nelle cotture prolungate. Le carni in pezzi, quelle tritate e quelle disossate meccanicamente sono più sensibili alla proliferazione microbica, in quanto presentano un’aumentata superficie di esposizione e subiscono maggiori manipolazioni. In particolare, la carne trita va incontro ad un aumento rapidissimo della carica microbica, tanto che la sua durata è da considerarsi limitata ad un giorno in frigorifero da 0 a +2°C. Oltre al deterioramento microbico ed alle modificate caratteristiche organolettiche, si può generare lo sviluppo di una popolazione patogena assai pericolosa: la carne macinata deve quindi provenire da una materia prima di ottima qualità microbiologica; la triturazione deve avvenire in condizioni igienicamente adeguate; il consumo deve essere repentino, di preferenza dopo un’adeguata cottura.

Mirella Giuberti