Specialità da buongustai

Prodotto tipico senigalliese, in particolare del centro storico – tant’è che già nelle frazioni vicine se ne perdono le tracce – la salsiccia “matta” è nata probabilmente a cavallo tra il 1800 e il 1900 come omaggio dei macellai ai loro clienti per insaporire il brodo di Natale. L’aggettivo “matta” si dice derivi dal fatto che il procedimento di lavorazione sia così laborioso da far perdere la testa a chi la prepara. Tre erano le famiglie storiche di macellai a Senigallia: Castelli, Badioli e Bastari. Proprio da quest’ultima, nel 1982, rilevai la macelleria situata al foro annonario, dove erano ubicate la gran parte delle macellerie della città, e proprio lì appresi quanto fosse veramente laborioso preparare la salsiccia “matta”. La prima lavorazione inizia verso fine settembre con la preparazione del budello per l’insacco, rigorosamente di vitellone, che deve essere pulito dal grasso, rivoltato, raschiato, lavato e messo sotto sale per almeno due mesi. Verso la metà di dicembre si inizia l’impasto seguendo queste proporzioni: 75% di polpa magra di vitellone e 25% di polpa di coscia di maiale. La carne di vitellone viene passata al tritacarne con piastra 4,5 e alla macinata ottenuta si aggiungono la polpa di maiale in pezzi, sale, pepe, poco aglio e “ la saporita” (un mix di spezie composto da coriandolo, cannella, semi carvi, chiodi di garofano, noci moscate, anici stellati), si mescola e poi il tutto viene passato di nuovo al tritacarne. Al composto ottenuto si aggiunge il 10% di cubetti di lardo di schiena di maiale, si mescola nuovamente e si impasta a lungo fino a che la carne non diventa ben compatta e non granulosa. A questo punto si insacca e si formano dei salsicciotti di circa 15 cm. Le salsicce ottenute devono poi riposare per una notte in frigorifero e il giorno seguente vengono fatte “stufare” in quella che viene definita stufa, che altro non è che un piccolo ambiente con piano di mattoni refrattari dove sono montati dei supporti sui quali appendere le salsicce. La stufatura viene realizzata cospargendo il piano della stufa con carbone di roverella, acceso con potature di vite. Quando tutto il carbone diventa incandescente si chiudono la stufa e il foro di tiraggio per circa 4 ore e, almeno una volta per ora, bisogna ravvivare il carbone perché la scarsità di ossigeno tende a farlo spegnere. Passate le 4 ore si tolgono le salsicce e si ripuliscono dalla cenere che vi si è depositata con un canovaccio inumidito. Il primo boccone ancora caldo è naturalmente per il macellaio che, dopo tanta fatica, assaggia e commenta tra sé il suo ammattimento nella preparazione! La “matta”, come comunemente viene chiamata, oltre che aggiunta al tradizionale brodo di Natale può essere consumata a fette come un salume oppure unita insieme al cotechino o allo zampone, nella classica lenticchia di fine anno. Buon ammattimento a tutti!