La polenta “Infasolà” (polenta con i fagioli) è un piatto della cucina povera, sicuramente della Provincia di Rovigo e bassa Padovana, rivendicato anche dai Veronesi nella zona legnaghese che  confina con il Rodigino. Angelo Beolco detto il Ruzante, scrittore, drammaturgo padovano della seconda meta del 500, ne riferiva; il Delta del Po ed il suo fiume furono veicoli di comunicazioni ed ecco che questo piatto lo si trova anche nella confinante provincia di Ferrara. In un’altra versione più complessa si utilizzino i pezzetti di carne ricavati dallo spolpamento delle ossa di maiale assieme alla polenta. Un piatto che, in tal maniera, prende nomi diversi: Malafanti o Menafanti o Papaiti. Di impatto nutrizionale piuttosto consistente, è stato difficile trovare un ristorante che lo tenesse stabilmente in menù. Ho chiesto aiuto ad una cara amica abitante ad Adria, ma di origine di Ariano di Mesola, quindi Ferrara. Un connubio di tradizioni che ha prodotto dei piatti di
sapore importante, fotografati e assaporati. Germana Lorenzetti-Beltramini, valente ed appassionata cuoca, usa fagioli autoctoni chiamati Verdoni, di colore verde tendente al beige, forma  allungata, media pezzatura, e per utilizzarli li lascia a bagno in acqua per 24 ore. Naturalmente anche i Borlotti sono accettati. Fagioli, odori classici, più alloro e aglio sono messi poi in acqua fredda e fatti bollire per 2 ore assieme a costicine e zampetto di maiale. Finita la bollitura, la carne viene levata e spolpata. Il brodo viene diviso in due parti: una parte costituirà la base della “polenta infasolà” e l’altra invece sarà la base dei Papaiti. Per la polenta vengono messi da parte dei fagioli cotti, per i Papaiti vengono riservate  le verdure che hanno partecipato alla bollitura, carne spolpata ed una quantità di fagioli cotti.

La polenta” Infasolà”

Nel brodo conservato si getta a caldo la farina gialla, tenendo presente che sia poco meno della misura prevista per la polenta classica; si mescola  nel paiolo ed alla fine (ultimi  10 minuti circa )  si versa una quantità di fagioli interi e pepe q.b. servendo poi in una placca. La “infasolà” a tavola ha ben valorizzato le costicine, le salsicce, le bistecche tutte di maiale al forno e le verze servite secondo la simpatica tradizione del luogo.

I Papaiti

Si utilizza il brodo messo da parte per questo piatto. Gli “odori” vengono passati assieme ai fagioli e messi nel brodo, quando il brodo si scalda si versa un bicchiere di farina gialla di mais su 2,5  litri di brodo (più o meno un quinto della quantità prevista per la polenta classica).  Alla fine della cottura vengono aggiunti i pezzi di carne cucinata precedentemente (costicine di maiale e gambetti di prosciutto) e si aggiunge pepe per insaporire. Germana ha confessato che non c’era soffritto né aggiunta di olio o strutto previsti secondo la tradizione della nonna. Anche così i piatti avevano un sapore intenso e completo. I Papaiti sono un primo piatto sostanzioso, o meglio, un piatto unico. abbinamento del vino: La polenta infasolà accetta anche un bianco di struttura,  nell’occasione un Friulano del Collio di grande potenza con un finale di mandorla amara, 13,5 di grado alcolico. Mentre i Papaiti chiedevano del vino rosso e, nell’ordine, ben si sono comportati sia un Merlot dei Colli Orientali del Friuli, sia un Pinot Nero vincitore del concorso dei Pinot in Alto Adige: almeno 14 gradi per entrambi.