Siamo davvero bravi ad esportare le nostre eccellenze nel mondo? Ci sono poche cose che riescono a mettere d’accordo gli italiani, una di queste è senz’altro quella di reputare la pizza come un’eccellenza della cultura culinaria del Bel Paese. Diversi studi classificano questa specialità tutta italiana, come pietanza più famosa al mondo, antecedendo in questa speciale classifica un caposaldo proveniente dal Sol Levante come il sushi, il fast food per eccellenza, l’hamburger, e addirittura i noodles in quanto a popolarità. Ma siamo davvero sicuri che venga percepita in questo modo anche nel resto del mondo? C’è chi pensa che la pizza risalga all’antica Grecia, chi pensa che sia un piatto americano, chi ancora sia nata in Cina, e portata ad occidente da Marco Polo, ed infine chi, come tradizionalmente noto, attribuisce l’origine della pizza alla città di Napoli. Oltre al dibattito sull’origine di questa specialità, c’è da considerare l’aspetto della trasmissione della “cultura” della pizza. Non sempre, infatti, all’estero i canoni per noi standard vengono rispettati, e come spesso accade per piatti di nazionalità differente, avviene una vera e propria rielaborazione, un po’ perché influenzati dai gusti della popolazione locale, un po’ per mancanza di conoscenza. Da una piccola indagine condotta personalmente nel distretto di Jing’an, cuore di Shanghai, è emerso che una fetta consistente (43%) delle persone intervistate, non sia certo dell’origine della pizza. Se, alla lettura di questi risultati, il lato di me più patriottico era totalmente sconcertato, il mio lato più riflessivo invece si è soffermato sul fatto che a Shanghai le pizzerie a stampo italiano siano in netta minoranza. Sulle oltre 200 pizzerie sparse per le strade di Jing’an solamente l’8% serve pizze tradizionali. In Cina, infatti, il più grosso attore nel mercato delle pizzerie è il gruppo Yum! proprietario della catena americana Pizza Hut, seguita da Papa Johns, un’altra catena a stelle e strisce. I numeri sono impressionanti: unitamente queste due catene possono contare su circa 4000 punti vendita distribuiti in oltre 120 città. Un altro dato singolare, anche se non così netto, emerge dall’analisi dei dati generati e messi a disposizione dall’applicazione di food delivery “Eleme”: su un totale di 33.000 ordini mensili, ben 19.000 sono ordini fatti a pizzerie American Style, 6700 quelli fatti a pizzerie all’italiana ed i restanti 7300 sono fatti a pizzerie Asian style. È proprio quest’ultimo dato, quello che salta all’occhio. Se per quanto riguarda la pizza all’americana i numeri trovano riscontro in un’elevata accessibilità da parte del cliente, le pizzerie a stampo asiatico invece sono un trend emergente, e cercano di farsi strada nel mercato attraverso differenziazioni stravaganti del loro menù. Qui ce ne sarebbero per tutti i gusti, ma per il benessere dei lettori connazionali mi limiterò a citarne alcune come la pizza al Durian, la pizza al pollo BBQ, la pizza all’anatra alla Pechinese, la pizza all’agnello e per ultima, ma non meno insolita, la pizza all’anguilla. É proprio a questo punto che, rileggendo i risultati del sondaggio sopracitato, mi chiedo, assodato che la grande popolarità delle pizzerie all’americana porta una grossa fetta della popolazione a credere che la pizza sia un’invenzione statunitense, è possibile che le nuove generazioni, tra 10-15 anni, possano pensare che la pizza sia un piatto cinese? È una domanda a cui purtroppo oggi non possiamo rispondere, ma è importante continuare ad esportare la nostra tradizione, diffondendone non solo la popolarità ma anche trasmettendo la conoscenza. In questo senso va fatto un grosso applauso ai ristoratori che da anni si impegnano a diffondere la cultura della pizza in Cina, come il ristorante Da Marco, il più longevo ristorante italiano a Shanghai; la pizzeria Bella Napoli, con le sue due location, evergreen della tradizione italiana a Shanghai, e la pizzeria Bottega, storicamente Pechinese, e impegnata nel trasmettere la cultura partenopea, grazie ad una pizza napoletana preparata con ingredienti di alta qualità interamente importati dall’Italia. Quest’ultima a gennaio 2023 ha aperto i battenti anche a Shanghai, generando regolarmente, durante i primi mesi di apertura, attese di oltre due ore per poter mangiare, perché in fondo la pizza italiana piace, eccome!