Una pizza col pedigree si potrebbe ben definire quella che viene confezionata con le farine dei frumenti del Miscuglio di Aleppo che recuperano biodiversità e sapori praticamente dimenticati. La particolarità di questi grani, la cui riscoperta e rilancio tanto è dovuto ai genetisti Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, sta nella loro resilienza ai cambiamenti climatici, nel facile adattamento ai suoli più diversi e nella non necessità di sostanze chimiche per la concimazione e il diserbo. Farina derivata da popolazione evolutive di grano tenero che comprende oltre 2000 varietà, ognuna delle quali è portatrice di particolarità genetiche proprie che, nel complesso, esprimono un’ampia e variegata biodiversità. Per meglio documentarla, sono andato a trovare l’amico Cesare Cocchiarale titolare della Pizzeria “Oasi della Pizza” in Via dei Colombi a Roma Quartiere Torre Maura, uno dei principali protagonisti del progetto di filiera corta sui grani antichi, avviato nel 2022 da Roma Natura da un’idea e col supporto del dott. Avelio Marini di Rete Wigwam. Una pizza, quella di Cesare, classica se vogliamo, preparata con impasto cui alla farina, all’acqua e al sale, si aggiunge un poco di olio extravergine di oliva del Lazio. Ovviamente, il lievito madre e poi 20 g per kg di sale, 10 cl di olio evo, idratazione al 70% e 24 ore di maturazione a 4°C con anche una sperimentazione a 36 e a 48 ore. Poi, 3-4 ore prima si “ripirla” così che l’impasto si rigeneri e si ottenga il raddoppio del volume della pagnottella. Ed ecco pronta per l’infornatura nella forma tonda “alla romana” oppure in teglia, o pala in formato oblungo di 80-100 cm.
Così come il buon vino, si ottiene al 50% con la buona tecnica in cantina e al 50% della buona coltivazione in campagna. Qui grande merito va riconosciuto anche alle aziende agricole nelle aree protette di Roma Natura, l’Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree Naturali Protette nel Comune di Roma e di una in particolare, la Tenuta Cesarina nella Riserva Naturale della Marciliana che dall’ettaro e mezzo dello scorso anno è passata ai 10 ettari di coltivazione del 2023. Come dire, che la qualità e l’origine degli ingredienti possono spuntarla dove c’è alleanza di filiera e queste caratteristiche sono adeguatamente comunicate.