Molti sono gli chef, aderenti alla FIC, che sono passati in questi dodici anni nella palestra della NIC; chef professionisti, chef giovani, sia uomini che donne, colleghi noti e meno noti, come pure cuochi di albergo o di ristorante, tutti gli chef d’Italia, provenienti dalle varie associazioni territoriali della FIC, insomma una sorta di “piccolo esercito” di chef che hanno dato la propria disponibilità e il personale contribuito per rendere importante e fare grande il “Sistema NIC”. A tutti coloro che ne hanno fatto parte, prima come colleghi, poi anche come amici, va il sentito ringraziamento per aver dato lustro alle “Berrette bianche d’Italia della FIC. Lo spirito di gruppo e d’affiatamento tra le persone, colleghi, nasce soprattutto durante le prove per le competizioni. Quelli che si chiamano “allenamenti”, che la gestione NIC ha sempre voluto fare con cura, fissando scadenze cicliche ed in diverse palestre. Si è voluto permettere, attraverso le prove, di poter costruire la cultura ed il senso di squadra, sentimenti che hanno contraddistinto tutti i colleghi NIC fin dal primo momento. Le nostre palestre, La Castalimenti di Brescia, La Decorfood di Stallavena, La Saps di Lallio, sono state luoghi importanti che ci hanno visto crescere, tra forni e fornelli, tecnologie e attrezzature. Da qui sono nate molte ricette, sia per la cucina fredda, quella espositiva che per la cucina Calda, meglio conosciuta come prova del Ristorante delle Nazioni. Sono stati allenamenti per imparare per insegnare, per confrontarsi e tutti insieme per “Sperimentare e Testare”, “promuovere e divulgare”. Molte ricette sono nate grazie alle tecnologie messeci a disposizione dalla azienda Sirman, che da sempre ha seguito e sostenuto la NIC. Quando si presentavano i piatti per la cucina fredda, tentativi dopo tentativi, riprovati e modificati, le proposte gastronomiche per il tavolo freddo, diventavano sempre più belle ed interessanti perché gli chef discutevano sui diversi risultati raggiunti. Una sorta di scuola di cucina tra colleghi che poi diventavano sempre più amici. Si sono adottati sistemi di trasformazione utilizzando la tecnologia the Heart Green della Lainox, che ha permesso di poter progettare ricette e soluzioni gastronomiche innovative. Ricette, guarnizioni, sistemi di cotture, progressioni dei menu, tutto veniva proposto dal General Manager Tacchella e dal Leader Gianluca Tomasi, ma poi nel briefing di chiusura chiunque poteva dire la propria opinione. I materiali scelti dalla NIC per tutte le operazioni di trasformazione sono stati messi a disposizione dalle aziende Fasa e Agnelli, perché tutto era studiato per utilizzare l’alluminio e il rame, nelle loro diverse applicazioni e sviluppi. Allenamenti che hanno avuto anche momenti di discussione intensi, perché non è facile mettersi in gioco e accettare la cultura del confronto, soprattutto quando numerose son le teste e molteplici le provenienze culturali e territoriali. Per fortuna il senso di appartenenza al marchio NIC prende sempre il sopravvento. Gli allenamenti sono progettati in base ai regolamenti delle competizioni alle quali gli chef NIC decidevano di partecipare. Per i Mondiali e le Olimpiadi, le prove sono state organizzate sempre con sufficiente anticipo, prevedendo gli allenamenti non solo a porte chiuse, quelle destinati ai soli chef NIC, ma anche promuovendo testing pubblici, utili a sperimentare se le proposte gastronomiche erano condivise dalla clientela e dalla stampa. Le prove pubbliche sono state quelle che hanno permesso una grande visibilità a tutti noi membri NIC, ma era l’unica vetrina che faceva conoscere la NIC ai non cuochi. Le prove per le due competizioni importanti, che hanno sempre scadenza quadriennale, sono state le più numerose, quelle che hanno sempre richiesto maggiori sacrifici ed impegno profuso da parte di tutti, chef, organizzatori e aziende Sponsor. Pensate che ogni anno le prove sono circa sei, per la cucina calda e fredda, senza dimenticare che poi in contemporanea c’è sempre una competizione internazionale alla quale la NIC è chiamata ad essere presente. Nelle prove si discute di alimenti di qualità, prodotti tipici dei territori italiani, di scelte su accostamenti e sistemi di cottura adeguati, si parla di cucina nuova e innovativa, ma anche di tradizione, si cerca di mettere in pratica per la cucina calda schede precise di degustazione seguendo le indicazioni dalla WACS. Insomma una prova è aggiornamento per tutti i singoli chef membri, ma anche per quanti hanno potuto assistere come osservatori esterni. Il 24 luglio 2012 a Bergamo sono state eseguite le prove a porte chiuse, occasione per definire piatti e ricette in modo definitivo. Un’altra data ufficiale aperta al pubblico si è svolta a Padova il martedì 18 settembre 2012 presso l’Hotel Metropole del Gruppo GH Hotel di Abano, occasione per visionare il programma della cucina fredda. Mentre per la cucina calda, lunedì 24 settembre 2012, è stata la giornata definitiva ed ufficiale presso la sede SAPS del gruppo Agnelli-Fasa a Lallio, Bergamo. Ma la cosa più importate è fare il tifo per la NIC che andrà dal 5 al 9 ottobre 2012 ad Erfurt per le Olimpiadi di gastronomia. Ultima grande vetrina che sancirà anche la chiusura di questa NIC. Un tempo, quando si leggevano nel menu degli alberghi le parole “lasagne a polpette” ci si chiedeva quale avanzo di carne, una volta macinato, era stato impiegato per produrre pasticci e polpettoni. Diremo che era solo una leggenda metropolitana, perché gli chef sono sempre stati molti attenti nel saper confezionare piatti prelibati, manifestando sempre più il desiderio di scegliere materie prime adeguate. Proprio le polpette sono state protagoniste di molti menu, di ieri e di oggi, preparate diversamente in cucine di diverso livello. Ancora oggi il giovedì a pranzo, in molte trattorie tipiche venete, la polpetta non manca mai. Cuochi famosi, cuoche domestiche, nonne intriganti, cuochi provetti, preparano polpette che spesso vengono servite in intingoli gustosi, tanto saporiti che il guazzetto delle stesse continua a condire piatti di pasta e gnocchi. Senza poi parlare del polpettone, l’esempio del pasto unico per eccellenza, dove ad ottime tritate di carni e misture di buon pane, si mescolavano salumi e formaggi più diversi, per poi cuocerlo in forno e mangiarlo, gusti a parte, caldo o freddo. Ma se entriamo nel dettaglio, il protagonista assoluto della cucina è proprio il “macinato”, anzi le macinate. Sì proprio così, al plurale, perché cuochi di tutti i tempi, ma anche di tutt’oggi, hanno sempre confezionato i propri macinati usando carni diverse e in proporzioni diverse. Maiale, misto a vitello, oppure manzo e vitello, eccetera, ma anche selvaggine diverse per ragout di alto prestigio e gusto. Tutti concordano che la miscela di carni, il rapporto delle carni macinate da mischiare, può dipendere dal gusto personale, ma siamo convinti che la cosa più importante sia la “corretta macinazione”. Esistevano una volta tritacarni manuali, proprio perché la carne non patisse con il surriscaldamento del metallo del tritacarne. Oggi per fortuna – Sirman Docet – il tritacarne ha un suo ruolo ben preciso, per le macinate a grana grossa o fine, per l’impiego di macinati, per polpette, hamburger o ragout diversi. Non so se condividete la mia opinione, ma nel tritacarne devo trovare un buon alleato. Non occorre che sia veloce, ma deve essere costituito da metalli di alta qualità, deve garantire la giusta potenza, la giusta pressione indifferenziata del “verme senza fine” perché possa spingere uniformemente la carne alla parete forata, per trovare una eccellente lama a croce, pronta a tritare la carne in qualsivoglia grana desiderata. Oggi in molte cucine il tritacarne, come attrezzatura, viene un po’ snobbato, perché si pensa che comprare carne tritata già sottovuoto significhi maggiore sicurezza e immediatezza per le produzioni di salse, sughi e polpette. Ma credo che una lezione debba valere per tutti, e fate la prova se non mi credete: è una buona carne se tritata all’occorrenza, se manipolata adeguatamente perché solo così riuscirà a rendere giustizia in ogni preparazione, dando anche un’eccellente resa. I palati più raffinati si accorgono se la “macinata” è “carne macinata fresca” oppure un prodotto proveniente da un vuoto. C’è poi il grande vantaggio di poter scegliere personalmente cosa rendere macinato, fare così il giusto rapporto di carni in miscela, gestire la ripartizione tra grasso e carne e, per di più, poter inventare tante ricette nuove.

Marco Valletta