…Intanto cominciò a farsi notte, e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato nulla, senti un’uggiolina allo stomaco, che somigliava moltissimo all’appetito. Ma l’appetito nei ragazzi cammina presto; e di fatti dopo pochi minuti, l’appetito diventò fame, e la fame, dal vedere al non vedere, si convertì in una fame da lupi…

Pinocchio e la fame, la fame dei poveri, ossessiva, violenta, senza controllo. A questa, il buon burattino non può mai sfuggire perché nel mondo in cui vive o si mangia o si viene mangiati. Non è un mondo borghese, sofisticato, ma un mondo di avventura-sventura: il conflitto si svolge tra poveri, e le uniche concessioni sono veccie, torsoli, tozzi di pane, le pere con la buccia. Appena scappato a Geppetto, Pinocchio si ritrova solo con i morsi della fame, appena avvista un uovo solitario in mezzo alla spazzatura pensa subito al miglior modo per consumarlo rimanendo ammutolito una volta rotto il guscio, di fronte all’apparizione di un pulcino. Un’altra notte Pinocchio, spinto dalla fame entra in un campo per raccogliere pochi grappoli di uva moscatella, ma rimane preso alla tagliola. In un’occasione il burattino può ambire ad un succulento piatto composto da un fritto misto di triglie, naselli, muggini, sogliole, rischiando di finire egli stesso dentro la padella dopo l’infarinatura che aveva subito il pesce. Nel mondo di Pinocchio sembra che a mangiare siano i furbi: Mangiafuoco ad esempio, ma celebre è la scorpacciata del Gatto e la Volpe grazie ai zecchini dell’ingenuo figliolo: 35 triglie con salsa di pomodoro e 4 porzioni di trippa alla parmigiana per il Gatto, mentre la Volpe si accontenta di una lepre in dolce-forte con pollastre ingrassate e galletti di primo canto. Pinocchio sogna canditi, torte e panettoni: la Fata Turchina, per corromperlo a seguire uno stile di vita più ordinato lo “compra” con pane e cavolfiore. Non gli basta però. Nel momento in cui si dedica al babbo malato, alla Fata debilitata, al suo futuro si accorge di non essere più burattino ma un bambino. E la fame finalmente se ne va.