L’universo delle spezie non ha frontiere in cucina, tra cromie, aromi, dolcezze, pungenze e strutture: tutto è variegato e ricco. Molte cucine oggi si stanno trasformando in una sorta di “grande scrigno” dove i gioielli sono proprio le spezie, pronte e a portata di mano. Non ci sono limiti alla fantasia e all’arte dei cuochi quando decidono di condire qualsivoglia alimento con le spezie, i pizzichi corrono a volontà. Poi, quando alcune ricette prevedono le spezie quale ingrediente principale, allora il piatto diventa un’opera d’arte, proprio grazie al sapiente e giusto “dosaggio” dello chef che con esse ha creato “bocconi divini”. Molto spesso noi cuochi siamo ammaliati dalle sollecitazioni alle quali ci espongono le nuove tendenze gastronomiche, a tal punto da sentirci narcotizzati, o meglio obbligati, a dover usare le “droghe alimentari”, nostrane o etniche che siano, a tutti i costi e ovunque. A questo punto, con un tono polemico ma saggio, vorrei ricordare a tutti noi che dovremmo comprendere il valore gastronomico del “buono” e del “giusto” quando parliamo di spezie e ricordare un sostantivo indispensabile per l’impiego di esse: “la parsimonia”, una sobria contenutezza nell’usarle dall’antipasto al dolce. Droghe a tutti gli effetti e dai molteplici “esiti”. Il fare bene non è una prerogativa unica delle spezie ingerite, ci sono alcune di esse che, se maltrattate, hanno effetti collaterali; alcune poi, se consumate in grandi quantità, non sortiscono benefici. Eppure noi cuochi, a volte, siamo poco attenti e per indolenza non ci facciamo caso e perciò talvolta abbiamo abusato nel dosarle nei nostri manicaretti, cucchiaio dopo cucchiaio, grattugiata dopo grattugiata. Tutti sappiamo che la noce moscata non va fatta bollire, che il curry non va messo a fine cottura, che la curcuma deve essere irrorata, che lo zafferano va inserito a fine cottura, che i chiodi di garofano devono essere esposti al calore per dare il meglio di loro. Certo è che molte sono le spezie, tantissime sono le regole e le informazioni alle quali bisogna prestare attenzione per poterle impiegare in cucina nelle nostre ricette con parsimonia e scienza. Occorre ricordare che esse vanno conservate con sapienza ed ingegno, quasi tutte devono essere protette dall’aria, alcune sono sensibili al calore, altre non vanno mai esposte alla luce e, alcune non devono essere poste in umidità alcooliche. Per questi motivi, e altri ancora, il bravo cuoco sa che deve costruire la sua “dispensa delle spezie”, ricordando che la singola spezia deve essere ben chiusa in singole scatole; che su ciascuna scatola ci sia un’etichetta che indichi la data di inserimento della spezia in essa contenuta; che l’apertura del sigillo non perda la data di confezionamento; che è opportuno trascrivere la quantità minima o massima da impiegare di una determinata spezia; notare come inserire la spezia e quando amalgamarla alla ricetta. Solo così lo chef potrà essere un “bravo speziere”. Desidero inoltre ricordare che le spezie hanno una loro caratterizzazione e che in molti casi non possono essere accostate e mescolate tra loro con facilità nella stessa ricetta; tantomeno inserirle in un menu in progressione casuale, ma è bene ricordare che alcune di esse sono fortemente in contrasto tra loro, se degustate in un susseguirsi improprio. Creme, salse, biscotti, intingoli, bevande e gelati, pesci, carni, pani e focacce, e tanto altro hanno tenuto in serbo, custodito per secoli e in tutto il mondo, i profumi caratteristici, i sapori riconoscibili e ricordi personali, proprio grazie alla presenza delle spezie. Ad ogni boccone, ogni spezia ci ha regalato un’emozione, ed è per tutto questo che lo chef di cucina, premuroso formatore, sarà attento ad educare il suo commis tramandandogli la sua “dispensa delle spezie”.