L’export attualmente sembra l’unica via d’uscita da una crisi che attanaglia non solo l’Italia. Le esportazioni italiane infatti sono tornate nel 2011 ai livelli record del 2008. Il gran merito di questo successo va agli imprenditori italiani che hanno saputo mantenere standard di qualità eccelsi accrescendo i servizi e limitando i costi, spesso con investimenti importanti che in periodi come questi devono essere visti come atti eroici. Ecco che siamo primi nell’esportazione di alimentari e bevande, e impianti di produzione e lavorazione degli stessi, nella moda e nell’abbigliamento, nelle calzature, nella pelletteria, nell’occhialeria e nell’arredo, nei macchinari per il sollevamento e l’edilizia, nelle affettatrici, nell’industria della carta e nei prodotti della metallurgia, dai tubi in ferro, ai lavori in alluminio fino a valvole e rubinetti. La meccanica è diventata il nostro fiore all’occhiello. Siamo inoltre leader nell’esportazione di frigoriferi per la grande distribuzione e nelle macchine e tecnologie per l’agricoltura e il tabacco, nelle macchine per lavorare il legno e le materie plastiche, e primeggiamo anche nell’esportazione di attrezzature per il divertimento e lo sport: dagli yacht, ai fucili da caccia alle selle per bicicletta. Venendo a conoscenza di questi primati ho subito pensato che ci saranno infiniti prodotti di nicchia dove qualunque Stato primeggia per forza di cose in qualche settore, ma non è così. Questi dati infatti vengono da una ricerca della Fondazione Edison e della GEA basata sulla diversificazione dei prodotti in 5517 classi. In 249 prodotti (il 4,5% quasi 1 su 20) l’Italia è davanti a tutti come esportazioni. In altri 347 prodotti siamo al secondo posto e in altri 387 siamo in terza posizione come esportatori mondiali. Complessivamente in 1593 categorie su 5517 (il 29%) siamo nei primi 5 posti al mondo, per un valore di circa 253 miliardi di euro. Esportare, ad esempio, più tubazioni in ferro di Paesi come Russia, Usa e Cina sa quasi dell’incredibile dato che a loro certamente non mancano le materie prime. Le PMI con la loro capacità di sapersi adattare alle richieste del mercato, con la loro creatività, innovazione, flessibilità e qualità produttiva sono all’origine di questo successo nei confronti di Paesi che possono annoverare tra le loro schiere colossi multinazionali dai numeri impressionanti. Questo non significa che la produzione industriale italiana non sia in crisi, fatto innegabile data la crescita 0 degli ultimi anni, ma questa è dovuta ad una domanda interna scarsa e non ad una carenza di competitività da parte delle aziende sul mercato. Infatti il “made in Italy” viene spesso considerato in declino, ma quasi unicamente dagli italiani stessi, con una sorta di autolesionismo che ci ha fatto perdere qualche punto di spread in più rispetto a quelli che meriteremmo, e diventando la causa e non l’effetto dell’acuirsi della crisi. Con un surplus tra export ed import di quasi 40 miliardi di euro siamo arrivati a sfiorare i record pre-crisi facendo anche meglio dei tedeschi che rimangono ad un -4% rispetto al 2008. Insistiamo quindi nell’eccellenza e nell’export perché all’estero, e in particolare ai Paesi emergenti, il “made in Italy” piace molto! Sperando che torni a piacere anche a noi.

Nereo Marzaro