Il giorno in cui proposi al mio amico Nicola Gaggi di partecipare ad una cena di Vini Naturali, non immaginavo di essere poi piacevolmente sorpreso nell’apprendere che uno dei vini in questione fosse oggetto della sua curiosità da tempo. Ne parlammo a lungo. Nel corso delle nostre discussioni cercai ampiamente di esporre i perché di questo vino, la sua DOC, la sua storia, il suo gusto, la sua unicità! Gianni Brera ne scriveva così*: “La storia più vera della Padania antica dura sette parole: Non, ut Cato scripsit, Ligurum, sed Gallorum. Essa garantisce che i Romani, venuti quassù quando noi si beveva già Barbacarlo, hanno confuso maledettamente le cose…. Derubo mio padre ambizioso di cantina frugando a caso nella sabbia dove ha nascosto le bottiglie più estrose. Schizzi rivelatori di spume allo schiocco del turacciolo strattonato quasi gemendo fuori dal vetro. Memorabili bracci di ferro con sugheri tenaci e riottosi…so che mia madre ha contato i salami. Arrivo ad accorciarne uno enorme, affettandolo al centro e riannodando gli spaghi ogni sera. Barbacarlo un po’ bullo di spume e mandorlato; barberone che annega le papille in un amaro denso ma ghiotto. Il barberone Pavese per berlo bene, qualche volta bisogna attaccarsi al tavolo, ma se matura un poco perde arroganza e diventa pastoso e civile. Il Barbacarlo basta mescerlo per vederlo montare in superbia, quel mussare di spume fini e veloci sembra una risata cordiale. Poi è buono, altro che storie! E sarà l’infanzia, sarà la disposizione atavica, io di vini migliori ne ho bevuti e ne bevo, ma non ne trovo mai che mi piacciono in egual misura. Insomma sui vini Pavesi sinceri, si va lisci. La domenica veniva messo a bollire una sleppa di vaccina con l’osso. Una sleppetta di lesso odoroso d’aglio fino al vomito. Carne filacciosa da farne biascicotti. Il soffritto di cipolle illanguidiva tutti, sfrigolando nella padella di rame e poi Barbacarlo ammandorlato e amaro!”. Quella che si evince dai racconti di Gianni Brera è uno spaccato di vita in cui il Barbacarlo era il vino dell’osteria sotto casa, nonché compagno della tavola quotidiana. Croatina 55%, Uva Rara 20%, Ughetta 20%, Barbera 5%; approvata come tipologia della DOC “Oltrepò Pavese” con DPR 06.08.70. I 4 ettari che producono circa 10.000 bottiglie sono di proprietà, in quel di Broni, della famiglia Maga da generazioni. Il Barbacarlo, eccetto annate particolarmente sfortunate, invecchia 30 anni! Per l’abbinamento del 2010: Lingua di manzo bollita all’agrodolce-piccante; chutney di cipolle rosse, salsa di peperoni profumati all’aglio e patè di olive nere. P.S.“Qualche volta il carrettiere, soddisfatto dell’ultimo strappo, affonda le mani a benna e le ritrae cariche di Croatina o Bonarda, che getta ammiccando sull’erba ai margini. Allora ci azzuffiamo come botoli, ciascuno arraffando fino a spremerne mosto”.

Giovanni Di Stanislao