Quello di Pietro, non sarà speciale ma certamente fatto con amore e seguendo la regola della norcineria tipica del ter-ritorio della Saccisica(tra Padova e la Laguna Sud di Venezia). Pietro, piccolissimo contadino di Sant’Angelo di Piove di Sacco, è talmente appassionato di allevare maiali e ricavarne poi salsicce e salami, sopresse e ossocolli, pancette arrotolate e lardi, prosciutti e culatelli che poi stagiona con cura, che si è creato un piccolo ma attrezzato e idoneo locale di lavorazione e, nella barchessa, uno spazio per ospitare convivi di amici soci del suo Circolo di Campagna Wigwam. Lo sono andato a trovare per farmi raccontare come lo prepara lui il prosciutto ed ovviamente ciò è avvenuto alla tavola della sua cucina davanti ad una “ombra de vin moro”.
Ci vuole intanto un bel maiale con buona resa in carne di almeno due quintali. L’alimentazione a base di una miscela di sfarinati di cerali, tra cui crusca, orzo e mais la cui percentuale aumenta via via che il porcello cresce. Per equilibrare la dieta, insieme ci va anche farina di erba medica e sali minerali. Si macella nei mesi freddi ed una volta staccata la coscia la si appende per un paio di giorni per lo zampetto, in modo tale che ne fuoriesca tutto il sangue eventualmente ancora presente. La lavorazione consiste nel togliere la cotica dalla parte interna della coscia, quindi si fa la salatura, massaggiando per bene sempre con lo scopo di provocare la fuoriuscita di liquidi ematici. Si lascia poi in posizione obliqua e sotto la pressione di pesi. Così rimane per sei settimane. Una volta alla settimana però, la si tira fuori dal sale (che deve essere rigorosamente marino e semigrosso) per rimassaggiarla premendo col pollice, quasi fosse un trattamento drenante. Al termine di questo periodo si ripulisce dal sale e con un grosso ago di osso di cavallo si sonda l’interno dell’articolazione del ginocchio che non vi sia cattivo odore da mancata completa fuoriuscita di sangue. Si lava la coscia con del vino rosso tiepido (30° C circa) e si lascia asciugare una giornata. Si prepara dello strutto insieme a pepe bianco macinato e un po’ di farina di grano 00. Con questo impasto si stuccano tutte le fessure e si copre la carne non protetta dalla cotica. Il prosciutto si potrà consumare a partire da un anno di stagionatura, ma il sapore sarà ancora migliore dai 18 mesi ed ancor di più dopo i 24.

Efrem Tassinato