Col brodetto di pesce, e non soltanto!

Parli di zuppe nelle Marche e subito pensi al brodetto di pesce. Non che nell’entroterra non esistano zuppe di altro genere: con verdure, farro, pancotto. Quest’ultimo era la cena del tramonto della vita. Insieme alla sapa, era il cibo dei vecchi che non avendo più i denti, così riuscivano a deglutire masticando con le gengive. L’apporto calorico era dato dal lardo tritato usato per il soffritto e dalla aggiunta della sapa, il mosto cotto che veniva fatto ad ottobre facendolo bollire fino a ridursi ad un terzo, quando non era ancora fermentato. Normalmente era accompagnato da un bicchiere di vino cotto, il vino che ai primi caldi veniva bollito è ridotto per proteggerlo dall’acescenza. La sapa e il “Vin cotto”, hanno contrassegnato l’esistenza della nostra gente di campagna. La sapa come dolcificante in sostituzione del prezioso zucchero, il vino cotto era poliedrico, utilizzato per disinfettare e lavare il bambino appena nato, era rigenerante e dissetante nelle giornate estive allungato con l’acqua, e come vino da tavola in autunno e bevanda energetica per gli anziani. Per quanto riguarda i brodetti delle Marche, ne abbiamo quattro o cinque codificati, diversi nella preparazione. In effetti ogni barca aveva la sua ricetta a seconda del pescato e del pesce che, impigliato nella rete, risultava rovinato e non poteva essere messo in commercio. Veniva cotto a bordo su dei barattoli di latta unito alla conserva e al pomodoro, ma il più delle volte rimaneva una zuppa integra senza aggiunta di nessuna verdura. Il modo più tradizionale di preparare il brodetto me lo ha suggerito la moglie di “Magna pesce”, un vecchio pescatore della mia zona. Sventrato e lavato il pesce, si fa un brodo con le teste e le reste più le verdure normalmente usate e pepe in grani; in questo brodo venivano lessate anche le seppie pulite. Quindi viene filtrato e le verdure e i pezzi di pesce utilizzato, (le seppie vengono separate), strizzati usando un panno, poi messo da parte. In un tegame di coccio viene messo a rosolare con dell’olio, un po’ di cipolla tagliata, uno spicchio o due di aglio. Quando il tutto si sarà imbiondito, si toglie l’aglio, si mettono i calamaretti, un bicchiere di vino e si regola la cottura con fiamma bassa. Il pesce viene lavato con acqua di mare, il sale va aggiunto con moderazione. A questo punto si aggiunge il pomodoro e anche un po’ di conserva. Quando il sugo sarà ben amalgamato si aggiunge il brodo, le seppie lessate, le nocchie e via via gli altri pesci partendo da quelli che hanno le carni più consistenti, per finire con le triglie e i naselli che sono più delicati. Più qualità e quantità di pesce si adopera, più il brodetto sarà gustoso e pregiato. Viene servito in ciotole con del pane leggermente abbrustolito. La ricetta più antica sembra essere quella anconetana, che adopera ben tredici tipologie di pesce. Si presenta giustamente liquido, per inzupparvi il pane, ma anche consistente per la quantità del pesce adoperato. A Porto Recanati, non mettono il pomodoro, e viene denominato il Brodetto bianco. Qui lo zafferano è d’obbligo, in loco zafferanella o zafferanone, il colore risulta giallognolo. A Porto San Giorgio si usano pesci e ingredienti rigorosamente locali, accompagnati da pomodori verdi, peperoncino, prezzemolo e aceto che da consistenza alle carni. A San Benedetto il brodetto si contraddistingue per la sua acidità, data dal peperone e dai pomodori verdi. Notoriamente era il più povero dei brodetti perché veniva fatto con i pesci che, sia per qualità che per dimensioni, non erano destinati alla vendita. Forse, insieme a quello di Fano, è il più tipico anche se completamente diverso. Naturalmente esiste anche la versione da ristorante dove vengono usati pesci pregiatissimi. Diversi fra loro e diversi i vini che vi si abbinano. Ad Ancona il vino che i pescatori utilizzavano era senza ombra di dubbio il Rosso Conero, giovane e beverino. Un Verdicchio dei castelli di Jesi con ottima struttura io lo trovo perfetto, servito intorno agli 11 gradi. A Fano, il rosso dei Colli Pesaresi, fresco e profumato, non eccessivamente tannico è quello che meglio si abbina al piatto, lo esalta e allo stesso tempo deterge la bocca. Da tener conto che nelle zuppe il liquido va contrastato con vini che riescono a detergere la bocca, un apporto moderato di tannino risulta ideale. Ottimi anche i rosati di ultima generazione prodotti da uve Sangiovese, e, infine, il Pinot Nero dei Colli Pesaresi. Se in abbinamento al Brodetto di Porto Recanati consiglierei un Verdicchio di Matelica, morbido, strutturato con sensazioni di pesca gialla e del suo nocciolo, a Porto San Giorgio bere un Rosso Piceno è sicuramente la scelta migliore. San Benedetto presenta un brodetto dalle caratteristiche acidule. E, in questo caso inizio con quello che non si deve bere. Mi capita il più delle volte di vedere abbinato a questo piatto un vino locale, il Pecorino, un ottimo vino che si contraddistingue per l’acidità. In abbinamento al brodetto, invece, ci sarebbe bisogno di un vino morbido e di buona struttura, profumato. In questa zona, ad esempio, esistono dei Sangiovesi in purezza che stanno attirando l’attenzione dei critici più esigenti e degli IGT, fatti con delle uve quali Cabernet e lo Shiraz, che su quei terreni riescono ad esprimere il meglio della loro qualità.

di Massimo Biagiali