Anni Cinquanta. Guerra finita da poco. Si girava per i campi con le poche biciclette in circolazione ma non andavamo a caso: avevamo una meta precisa, io e Filippo. La sua bici era più scassata della mia ma i soldi per rimetterla a posto non li aveva, comunque facevamo strada. Dovevamo raggiungere i Mattona, famiglia numerosa che abitava in una grande casa risparmiata dai bombardamenti perché abbastanza lontana dal ponte sul fiume. Avevamo una notizia da portare: Iseo, uno dei figli del patriarca, non più tornato dalla guerra, aveva fatto arrivare un biglietto a casa mia tramite un commilitone, nel quale comunicava di essere in buona salute e che sarebbe rimasto in Inghilterra ancora per qualche anno. Durante la prigionia lo avevano fatto arrivare in una fattoria spersa nel Galles ad aiutare i due vecchi proprietari nella coltivazione dei campi che avevano perso un figlio abbattuto nei cieli della Germania e avevano bisogno di braccia. Annunciava che aveva conosciuto una brava donna del posto e che stava per sposarsi.
Saluti e baci.
Il messaggio era arrivato da noi perché eravamo l’unica osteria del paese quindi facilmente individuabile da uno di passaggio. Naturalmente noi conoscevamo il contenuto della missiva che ci eravamo preoccupati di leggere prima di consegnarla: sapere se contenesse buone o cattive notizie era importante per decidere le modalità della consegna. Dato che ce n’era una buona, Iseo non era morto, e una cattiva, non sarebbe tornato a casa tanto presto, incaricarono noi due di fare i postini.
Quando il vecchio padre, circondato da tutta la famiglia, fece leggere a me le poche righe, rimase in silenzio quando finii. Anche il resto della tribù non fiatò. Poi alzò le braccia al cielo e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo:
– Iseo è vivo! Facciamo festa.
Fu come se fosse tutto organizzato da tempo, la famiglia si mise in moto: chi a portar fuori le tavole, chi a stendere le tovaglie, chi ad accendere il fuoco nel focolare, chi a sistemare le sedie, chi avanti e indietro con i bicchieri, col vino e via andando. Noi eravamo stupiti e facemmo per andarcene.
– Ehi, voi, cosa fate? Forza andate con gli uomini, alla roggia.
Li trovammo nel ramo del fiume che scorreva vicino a casa loro. Due entrarono nel fosso con una rete davanti e altri due, anche loro dotati di rete, di fronte a loro, a una distanza di una decina di metri. Poi cominciarono ad avvicinarsi piano piano finché arrivarono a un metro di distanza. Nella trappola guizzavano pesci di ogni taglia, impazziti. Un fratello calò una paranza e tirò su quel ben di Dio. Corsero a casa dove l’olio cominciava a sfrigolare. Restammo dai Mattona fino a sera e pedalammo al buio, senza fanale. Non incrociammo un’auto che fosse una.