Accadde in una capitale nord-europea, nei primi anni ‘70, mezzo secolo fa. All’angolo di una strada notai l’insegna lampeggiante di un bar e il cartello in vetrina “Enjoy your Happy Hour from 6.00 to 7.00 p.m”. Non traduco perché non serve, fino a qui con l’inglese ci siamo tutti o quasi. Entrai e fui accolto da un barman sorridente. L’impressione fu di locale elegante, tutto legno, cuoio e appliques alle pareti. Sul bancone un altro cartello, più piccolo “Your favourite drink. Pay one and get two”. Ancora niente traduzione. All’epoca l’Happy Hour era questo: sconto del 50% su due drink, di solito cocktail. Poi un poco alla volta quell’ora felice andò crescendo fino a divenire un aperitivo completo, rinforzato, quasi cena e anche, come si usa dire da un po’ di tempo: apericena. In pratica quasi parente di un pranzo di nozze. Ho scritto quasi, ma forse è riduttivo perché le volte in cui mi capita ancora (meno che in passato) di trovarmi dentro ad una Happy Hour ne rimango stupito, forse affascinato. Innanzitutto, l’orario, dove il vecchio lockdown alle 19 è passato alle 21, che è l’ora di quando, a casa, di solito termino di cenare. Ma soprattutto è il menù, l’assortimento fantastico di squisitezze a stupirmi; vastissimo, buonissimo, sublime. Uno dei Paesi che ho conosciuto profondamente e che mi sono rimasti dentro è la Cambogia, stupefacente nei suoi sfacciati (a volte vergognosi) contrasti e incredibilmente ospitale.
Il mio hotel abituale nella capitale Phnom Penh era lo storico Cambodiana che già una ventina di anni fa proponeva “la migliore happy hour in città”. Io ero un viaggiatore, non un turista, ero là per professione e adeguatamente spesato. Mi piaceva osservare la reazione dei turisti all-inclusive quando comprendevano il reale valore di quella proposta, compresa nel prezzo della stanza, come l’analoga prima colazione.
All’ happy hour c’era una folla, numerosa e talmente ammassata da non riuscire ad attraversarla. A pochi metri c’era il ristorante ed io, passandoci vicino, osservavo i camerieri all’interno, con le braccia incrociate in attesa di nessuno, poi qualche volta, forse per solidarietà, entravo. Ma l’originaria natura dell’Happy Hour intesa come un’oretta di relax con drink a metà prezzo forse non è del tutto dimenticata, ce lo ricorda anche il bravo Ligabue nella sua canzone “…Sei già dentro l’happy hour. Vivere, vivere costa la metà”.