Funghi, un argomento che apre una pagina della storia dei Wigwam. Degli albori, perché siano nell’estate del 1973.
Il progetto era dare un assaggio di natura ad un gruppo di giovani studenti, principalmente universitari delle facoltà di agraria e di scienze forestali, afÀ nché ne assimilassero il gusto di amarla e quindi, nei loro anni a venire, semmai anche divulgarne il rispetto. Con l’Azienda delle Foreste del Trentino fu concordato il lavoro: un paio di mesi per una ventina di ragazzi in Val Sorda a Caoria nella Valle del Vanoi. Si sarebbe trattato di eseguire le rilevazioni dendrometriche della foresta della Valsorda, ovvero misurare il calibro di ogni albero che vi sorgesse, suddiviso per specie botanica. Il fine era di determinare l’incremento totale della cubatura di legname cresciuta nel decennio, perciò i volumi asportabili senza intaccare la riserva. Proprio come fosse un deposito bancario di cui utilizzare la rendita mantenendo intonso il capitale. Una delle buone pratiche della corretta selvicoltura. Il lavoro si prospettava interessante perché si sarebbe trattato di percorrere il bosco palmo a palmo, per ogni particella catastale partendo dalla parte più a fondovalle e via via misurando, albero dopo albero fino in cima, dove i larici lasciavano il campo al pino mugo e questi, ancora più su, ai pascoli perenni. Uno scrigno naturale che si sarebbe svelato in tutte le sue particolarità: flora e fauna e tutto il corollario di odori, rumori e sensazioni che costituiscono il sottofondo di ambienti se non proprio incontaminati, almeno rarissimamente frequentati perciò, quanto di più prossimo allo stato vergine. Il quadro fu completo quando vedemmo l’alloggiamento che ci veniva proposto: una casetta tutta di legno, col focolare con la panca intorno. Di legno perfino il tetto, in scandole (tavolette usate a mo di tegola) in larice. Si trovava al termine della Valsorda, alla À ne della strada forestale e all’inizio del sentiero per le malghe in alta quota, sopra un torrente proprio dove una cascata si riversava in un piccola piscina naturale, beh…sembrava un posto uscito da una favola del fratelli Grimm. Quella esperienza, i ragazzi che vi parteciparono, qualcuno oggi già nonno, se la ricorderanno per i funghi: di tutti i tipi e dimensione che fu deciso di raccogliere solo per mangiarne lì sul posto. Ci sbizzarrimmo a prepararli in tutte le maniere e dopo un po’ non se ne poteva più! Ecco, se potessimo immaginare il paradiso per un micologo, per uno chef o un gourmet appassionato della cucina dei funghi quello lo è al 100%.

Porcini ripieni

Ingredienti per 4 persone: 12 porcini medi o grandi; 1 uovo e 1 tuorlo; 120 g di Parmigiano; 50 g di mollica di pane fresco ammollata in un po’ di latte tiepido; 50 g di pastin; 2 cucchiai di olio extravergine di oliva;1⁄2 spicchio di aglio; un po’ di latte tiepido. Staccare le cappelle dai gambi e pulirle bene. Pulire i gambi per poi pestarli in un mortaio con aglio, la mollica di pane strizzata, un po’ di pepe e sale. Amalgamare il tutto in una terrina. Unire il pastin precedentemente sminuzzato, le uova, il parmigiano e un cucchiaio di olio. Mescolare bene il tutto. Infine riempire le cappelle con l’impasto ottenuto. Ungere una teglia con dell’olio d’oliva. Adagiate i porcini e cospargeteli con un filo d’olio. Infornate per 35 minuti a 160°. Serviteli ancora caldi con una fonduta di formaggi.

Tassinato