“Anche la suola delle scarpe è buona, se la friggi”. È questo uno dei pochi luoghi comuni che contiene una forte dose di verità: il fritto è sempre gustoso e, se non è c o n s i g l i a b i l e friggere le suole delle scarpe, è vero che si può friggere quasi tutto, dai pesci alle carni, dai vegetali ai formaggi. Certo, nel periodo estivo non sono l’ideale, ma, magari di sera, in un ristorante sulla spiaggia con amici, le preparazioni fritte restano sempre stuzzicanti. Il segreto della frittura è nell’olio che viene utilizzato, dunque per questo motivo è necessario fare attenzione: il migliore, anche se ancora non è chiaro a tutti, è l’olio extravergine di oliva (EVO), che ha il 15% di grassi saturi e il 75% di grassi monosaturi; questi ultimi sono il doppio rispetto a tutti gli altri oli, con l’eccezione dell’olio di arachide, che raggiunge una percentuale del 50%. La presenza di grassi saturi determina la resistenza di un olio alle alte temperature e all’ossidazione: il punto di fumo dell’EVO è di 210°C mentre quello dell’olio di arachide è di 180°C; quindi quest’ultimo dopo la frittura risulta più leggero, mentre l’EVO leggermente più pesante. Un interessante sistema di frittura alternativo, tipico della cucina asiatica, è la tempura, che non utilizza l’uovo e il pane grattugiato, spesso invece presenti nei metodi più diffusi; la pastella, a base di acqua frizzante gelata e farina (meglio se di riso), viene lavorata in una ciotola metallica appoggiata sul ghiaccio; il segreto sta appunto nel friggere gli ingredienti freddi, in modo che lo sbalzo di temperatura sigilli la pastella a 180°C e ci permetta perciò di ottenere un prodotto molto leggero. Partiamo dal fritto di carne, che fa parte della tradizione di molte nostre regioni: il più conosciuto è probabilmente quello piemontese, nel quale cervella, salsicce, costolette d’agnello e frittelle di mele creano un delicato equilibrio tra dolce e salato; l’abbinamento ideale è con vini rossi di buona acidità, leggera tannicità, abbastanza caldi di alcol, magari corroborati dalla presenza dell’anidride carbonica, come Bonarda Oltrepò Pavese, Freisa d’Asti frizzante o Grignolino. Un must della cucina italiana è la costoletta alla Milanese impanata nell’uovo e nel pane grattato e successivamente fritta nel burro; la tendenza dolce e la grassezza di questo piatto esigono vini rossi, come il San Colombano (unico vino di Milano realizzato con uve Barbera) o un Valtellina Superiore. Abbinerei anche un Pinot Nero altoatesino e azzarderei un bianco di buona struttura, fresco e caldo di alcol capace di sgrassare la bocca, come il Verdicchio; ovviamente è consigliabile anche un Franciacorta Rosé Pas Dosé. Un’altra carne che, fritta, suscita piacevoli emozioni è quella ovina: le costolette di agnello panate e croccanti leggermente grasse si abbinano con rosati ottenuti da uve di Montepulciano giustamente tannici, con una decisa freschezza e abbastanza caldi di alcol o un ottimo Cerasuolo d’Abruzzo. Nella mia regione, le Marche, per quanto riguarda la frittura adoriamo le olive all’ascolana, i cremini, i fiori di zucca e le zucchine che spesso accompagnano il fritto misto di carne (pollo, agnello e vitello); a questo piatto piuttosto complesso abbinerei una Riserva di Verdicchio Metodo Classico. Passando al pesce, i fritti di mare, non di rado abusati da ristoratori poco preparati, devono essere asciutti e croccanti e allo stesso tempo piacevoli; la loro sapidità, la tendenza dolce e la delicata untuosità richiedono vini freschi di acidità, abbastanza caldi e con aromi freschi come gli spumanti metodo classico, la Ribolla, il Verdicchio dei Castelli di Jesi o di Matelica, il Greco di Tufo, il Timorasso o il Vermentino Ligure; in presenza di pesce o baccalà abbinerei un Pecorino Marchigiano o un’ Etna bianco. Sono presenti anche m o l t i s s i m i dolci preparati con l’uso della frittura: i dolci fritti come le “frappe” vanno, ça va sans dire, abbinate al Moscato d’Asti, un vino dolce ma mai stucchevole, fresco, con sentori di tiglio e salvia, pesca e albicocca e piuttosto agrumato. I dolci farciti con crema o cioccolato richiedono invece vini più corposi, come il Recioto di Soave e il Passito di Pantelleria. Concludo smentendo un luogo comune che, a differenza di quello con il quale ho scherzosamente iniziato l’articolo, non contiene una dose di verità: non illudetevi che condire le fritture con il limone aiuti la digestione!