“Fritti” e “impanati” sono sia sostantivi che aggettivi, per cui come nomi hanno significato pieno ed autonomo, mentre da aggettivi precisano e meglio definiscono un nome. Ma questo è solo un pensiero e non intendo certo farne una dissertazione semantica. Direi però che in cucina l’ordine corretto è quello inverso, ovvero “impanati e fritti” poiché prima si impana e poi si frigge, o almeno credo. Si può certamente friggere anche senza impanare, mentre impanare e poi non friggere è un nonsenso. Mia nonna, mia mamma, le mie zie impanavano e friggevano di tutto, forse perché a quei tempi le donne di casa dedicavano molto più tempo alla preparazione dei pasti rispetto ad oggi. Prima fra tutte la cotoletta impanata, da sempre amata dai bambini, ma anche melanzane e zucchine affettate, fiori di acacia, di zucca, foglie di salvia, cavolfiori, carciofi ed altri prodotti che, dopo la passata sul pangrattato, la farina o la pastella, con il tuffo nell’olio bollente facevano salire di molto il loro indice di gradimento. E non vanno di certo dimenticate le sardine, aperte, deliscate (il Devoto privilegia “diliscate”), impanate e fritte, delizia ancora presente in qualche “bàcaro” o “fritoìn” veneziano. A ben pensare si frigge davvero di tutto e dappertutto. La frittura di pesce per esempio, da quella povera “di paranza” fino a quella più raffinata di canestrelli o calamaretti spillo. Mia moglie non ha ereditato il sapere di sua nonna e sua mamma riguardo al pollo fritto, ma rimediamo con regolari visite ad una trattoria semi-nascosta nell’Alta Padovana dove quella delizia merita tutta la strada che facciamo per andarci. Credo non ci sia angolo della nostra penisola che non abbia il proprio “fritto misto” e sono spesso fritti “di terra” dove la fantasia non ha limiti e neppure la bontà, sublimi composizioni di carni, frattaglie e verdure. Nel mondo ho avuto anche sorprese riguardo ai fritti, come ad Hanoi in Vietnam dove in un noto ristorante mi sono stati proposti “deep fried softshell crabs” (fritto di granchi dal guscio morbido), una sorta di nostre “moèche”, molto più grosse e (forse) con gli occhi a mandorla. Ho trovato differenze nel gusto? Esattamente come tra un jeans di Armani ed uno della bancarella al mercato. Le imitazioni restano tali; il made in Italy non si inventa, neppure con le “moeche”.